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    SINODO 2018

    Il Documento

    Preparatorio

    e l'Europa

    Fabio Attard *

    Il cammino sinodale, al quale Papa Francesco sta invitando la Chiesa a partecipare, sta suscitando dei processi e favorendo opportunità di partecipazione interessanti e creative. Quanto segue nelle prossime pagine è, prima di tutto, un tentativo di lettura delle prime impressioni che emergono dalle relazioni rese pubbliche da varie nazioni della nostra Europa. Si passa, poi, a dare nome e cognome a come i giovani stessi si vedono, cosa si aspettano, quali sono le loro percezioni della Chiesa. In un terzo momento, si cerca di mettere insieme i grandi punti fermi che agitano l’universo dei giovani, le loro acque. Infine, si conclude con alcune puntualizzazioni e proposte.

    1. Le prime impressioni

    Visitando il territorio giovanile che la Chiesa abita, leggendo le relazioni rese pubbliche da alcune Conferenze Episcopali, si rimane con la forte impressione che sia in atto un’enorme e variegata proposta pastorale. Si nota un forte impegno della Chiesa nel campo della pastorale giovanile. È una percezione che gli stessi giovani riconoscono e commentano. Dalle risposte date si percepisce una nota di creatività in alcune conferenze episcopali, che non si sono limitate a coinvolgere i giovani nelle loro varie diocesi, ma si sono anche impegnate a provvedere le necessarie strutture affinché ci sia spazio per l’ascolto anche degli educatori, degli adulti pastoralmente impegnati e dei genitori. È un coinvolgimento esteso ai movimenti, alle congregazioni religiose e ad altre associazioni impegnate nella pastorale giovanile. Tutto questo fa registrare un indice di interesse molto positivo.
    In questo contesto, l’ascolto della stessa critica è una testimonianza di libertà, il non avere paura a mettersi in gioco, il desiderio di scoprire insieme la strada da percorrere. Come vedremo più avanti, si assiste ad un ascolto segnato non tanto dalla ricerca di condannare, quanto dalla volontà di trovare nuove maniere e nuovi percorsi in mezzo alle resistenze e alle difficoltà riconosciute.
    Mi pongo la seguente riflessione: credo che questo tipo di ascolto abbia molto a che fare con le strutture di animazione promosse, in questo caso, nel settore della pastorale giovanile, con la conseguente partecipazione dei giovani nelle medesime. In altre parole: più si dà attenzione alle strutture di governo e animazione pastorale, più si vedono le opportunità che promuovono processi di vero e proprio ascolto. Come risultato di tutto questo, si rafforzano anche vere e diversificate proposte pastorali!

    2. Di che tipo di giovane parliamo?

    Nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, Papa Francesco sottolinea come durante il Sinodo sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, si sia ricordato che la nuova evangelizzazione è una chiamata fatta a tutti e che si realizza fondamentalmente in tre ambiti. In primo luogo, nell’ambito della pastorale ordinaria – una pastorale che si orienta alla crescita dei credenti. In secondo luogo, nell’ambito delle persone battezzate che però non vivono più le esigenze del Battesimo e non sperimentano più la consolazione della fede. Infine, “rimarchiamo che l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato… anche in paesi di antica tradizione cristiana” (EG n. 14).
    In alcuni dei questionari, quando si tratta la questione dei giovani fuori della Chiesa, emerge questa stessa lettura, che a sua volta è anche molta in sintonia con l’insistenza della Segreteria del Sinodo, e dello stesso Papa Francesco, affinché il prossimo Sinodo dei Vescovi includa tutti i giovani, credenti e non-credenti, vicini e lontani.
    Nella parte occidentale dell’Europa, appare chiaro che, per coloro che si considerano lontani dalla Chiesa, il discorso delle fede non abbia senso. Questi giovani non solo esprimono la loro convinzione di non essere interessati, ma chiedono anche di non voler neppure essere disturbati. Vogliono essere lasciati in pace. È una sfida che, da una parte, richiama tutta la risorsa del rispetto umano, di un’accoglienza incondizionata. Dall’altra però, ci sfida a quella empatia pastorale che pone l’altro, il non-credente, al centro, anche quando manca qualunque interesse o collaborazione.
    I questionari colgono anche la seconda categoria, vale a dire quella dei giovani che hanno ricevuto la prima esperienza della fede, ma poi l’hanno persa o abbandonata. Sono giovani che conoscono il dono, ma si sono allontanati. Su questa seconda categoria ritorneremo più tardi, quando si parla di quei luoghi, scuole e università, dove si riallacciano contatti e dove si propongono esperienze che fanno recuperare la bellezza della fede.
    In terzo luogo, c’è la categoria dei giovani che hanno fatto la scelta della fede. E qui troviamo una situazione che bisogna studiare bene, per non scadere in giudizi sommari e superficiali a base ideologica. In alcuni questionari viene fuori come all’interno di questo gruppo ci siano due tendenze: da una parte, ci sono giovani impegnati che chiedono alla Chiesa di essere ‘fedele’ al vangelo, ‘chiara’ nel suo messaggio; dall’altra, ci sono giovani che insistono che la Chiesa si impegni ad essere ‘moderna’, in dialogo con la storia attuale, con la sua cultura e i suoi valori.
    Possiamo dire che quasi si percepisca una dialettica tra due correnti, ‘modernità’ e ‘fedeltà’, che in alcuni questionari assume i termini ‘chiarezza’ e ‘attualità’. Sarà molto importante cogliere queste due visioni, non tanto all’insegna di elementi opposti, quanto nella visione della complementarietà.
    Ecco allora la domanda/le domande che mi pongo: come possiamo interpretare queste due modalità che esprimono la ricerca dei giovani, in modo che tale interpretazione non conduca a una lettura di antipodi ideologici, correnti oppure divisioni? ‘Attualità’ e ‘chiarezza’: queste due richieste devono necessariamente condurre al punto che si assegnino etichette ideologiche ai giovani? ‘Fedeltà’ e ‘modernità’ possono camminare insieme?

    3. Come vogliono vedere la Chiesa?

    Sul come vogliono vedere la Chiesa, i giovani si esprimono in maniera limpida e semplice. Il loro desiderio è di vedere la Chiesa autentica, vicina, accogliente. Nel leggere le loro risposte si sente l’odore del Vangelo nella sua forma più semplice e trasparente. Vogliono la Chiesa come esperienza di famiglia, dove l’essere autentici abbia un valore indiscutibile e indispensabile. Alla luce degli scandali provocati da alcuni membri della Chiesa, i giovani ribadiscono con forza la dimensione della ‘autenticità’ e ‘coerenza’ della Chiesa. Con questa veste la vogliono vicina e la cercano, aspettando di trovare in lei una madre che accolga senza giudicare, una madre piena di misericordia.
    Tuttavia, i giovani non vogliono una Chiesa intimistica, chiusa su sé stessa. Vogliono una Chiesa coinvolta con la trama del mondo, in dialogo con la narrativa del mondo. Su alcune tematiche come l’omosessualità, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, i giovani vogliono più apertura e accoglienza. Lo stesso per il ruolo della donna nella Chiesa.
    La riflessione che condivido: solo partendo dalla storia dei nostri giovani, dalla loro ricerca, dalle loro incertezze e paure riusciamo a capire lo spessore di quello che ci stanno dicendo. Dinanzi alla loro richiesta di una Chiesa autentica, vicina, accogliente, bisogna ascoltare il loro cuore che parla, mentre si sente segnato dalla sete di verità, di amore incondizionato. Credo che qui, più che con temi morali, abbiamo a che fare con una ricerca di senso molto profonda. Qui la Chiesa è chiamata a interrogarsi sul come stia, innanzitutto, comprendendo e, poi, rispondendo a tale chiamata (che è il tema seguente).

    4. Come si percepiscono nella Chiesa?

    In questa parte offriamo alcuni elementi di sintesi, chiari e molto onesti, su come i giovani si percepiscono all’interno della Chiesa. Dicono che non si sentono sempre ‘ascoltati’, e che anche quando c’è uno spazio che favorisce l’ascolto della loro storia, nell’immediato si sentono ascoltati, ma alla lunga non sempre ‘compresi’. In questa stessa linea, condividono che alcune volte si sentono come parte ‘utile’ all’interno di processi, ma non per questo ‘sentiti’ in quello che per loro è importante.
    Assieme a questo sentire, si aggiunge la sfida del linguaggio, cioè si sentono come degli stranieri con un linguaggio non compreso. È un sentimento reciproco tra Chiesa e giovani quando il tema viene trattato nel campo del mondo digitale (che toccheremo più avanti).
    Quello che fa pensare è il fatto che questa sensazione di non essere ascoltati, sentiti e compresi, che i giovani attribuiscono alla loro relazione con la Chiesa, è lo stesso sentimento che hanno in relazione alla società in generale.

    5. Cosa stanno chiedendo i giovani dai pastori-educatori?

    In questa parte, che tratta il livello più umano e profondamente relazionale, i giovani parlano con la loro tipica onestà su quello che stanno aspettando. Sono parole semplici, ma cariche di forza evangelica.
    I giovani vogliono che coloro che sono chiamati a vivere la missione di pastori ed educatori siano persone accoglienti, capaci di ascoltare, senza paura di condividere responsabilità con i giovani. Aspettano persone che siano profeti, autentici e coerenti.
    Alla comunità cristiana chiedono che non si chiuda nelle strutture, e che abbia il coraggio di essere vicina ai giovani, dando loro spazio e partecipazione nella vita comunitaria. I giovani non vogliono che la loro partecipazione sia solo presenziale, ma anche decisionale, che cioè siano considerati come parte viva di un processo. I giovani non vogliono essere solo protagonisti nella pastorale giovanile, ma partecipi nella vita della Chiesa.
    Infine, e giustamente, si ribadisce in tutte le maniere e in varie parti dei questionari la grande sete di essere accompagnati. Parallelamente ai temi dell’accoglienza e della vicinanza, qui i giovani ribadiscono il grande desiderio di vivere esperienze di paternità e maternità.
    Da notare che quando si elencano insieme gli elementi relazionali, si delineano le linee fondamentali della pastorale giovanile vocazionale:
    • vicinanza e accoglienza;
    • ascolto e protagonismo;
    • accompagnamento e discernimento.

    6. Alcuni punti fermi

    Offriamo in maniera sintetica alcuni nodi centrali che ripetutamente sono venuti fuori nei questionari.

    a. futuro – insicurezza
    Fa molto riflettere che in una cultura della iper-connessione, ci sia tanta solitudine, paura e insicurezza pensando al futuro. Paura e pressione che si vedono anche in quelle situazioni quando uno/a è chiamato/a a decidere il proprio futuro. Un’insicurezza che cammina insieme al sentirsi lontani dal mondo degli adulti, non sentendosi accolti da loro.

    b. la grande ricerca
    È una grande sfida per gli educatori la consistente chiamata da parte dei giovani ad avere adulti disposti a camminare con loro, insieme alla loro richiesta di luoghi che offrano accompagnamento e spazi di ascolto. Questa insistenza diventa, alla luce del tema dell’insicurezza, un fortissimo appello: i giovani chiedono la presenza di accompagnatori spirituali autentici, capaci di relazioni sane. Apprezzano persone preparate che offrano proposte accessibili a loro, che siano in contatto con la loro quotidianità. Una presenza più umana e meno istituzionalizzata.
    Una riflessione: fa pensare la discontinuità tra la grande e impegnativa esperienza nella direzione spirituale nei seminari e durante il tempo della formazione al sacerdozio, e la scarsa offerta, al termine di questa fase formativa, nel campo della pastorale giovanile. Come far fruttificare tale periodo di formazione segnato dalla direzione spirituale, affinché l’esperienza ricevuta e vissuta da giovani preti e religiosi possa continuare, sbocciando in una proposta pastorale segnata dalla direzione spirituale?

    c. la scuola e l’università
    Il tema della scuola e della università è inizialmente spesso commentato come un settore sempre più segnato dalla mercificazione del sapere. È un’istituzione pienamente orientata alla logica del mercato del lavoro. Fatta eccezione per quelle istituzioni dirette e promosse dalla Chiesa, si dà quasi per scontato il fatto che in genere non si prenda in considerazione la dimensione trascendente in questo settore.
    Eppure, dove esistono le esperienze delle cappellanie, dove ci sono buone esperienze di pastorale universitaria, la lettura dei giovani è unanime nel riconoscere che questi luoghi sono dei luoghi privilegiati. Sono spazi dove nascono e si riallacciano contatti molto positivi. In questi luoghi la Chiesa è percepita come una presenza vicina e empatica. Il suo linguaggio è accessibile e comprensibile. I pastori sono genuinamente interessati ai giovani, vicini e disponibili.
    Queste esperienze sono una buona piattaforma dove gli stessi giovani assumono l’esperienza della fede, che si matura da un’esperienza di discepolato per andare oltre, verso un’esperienza apostolica.
    Riflessione: facciamo bene a valutare il grande potenziale che tutti riconoscono esistere nel campo della cura pastorale della scuola e della università.

    d. accompagnare la famiglia
    Il tema della famiglia è centrale. La famiglia, nelle sue varie forme e con le sue varie sfaccettature, rimane un soggetto irrinunciabile, un punto di riferimento incontestato. Viene fuori chiaramente il fatto che nei processi di discernimento, in genere il ruolo della famiglia tende a privilegiare più orientamenti professionali, mentre si presenta incapace o addirittura ostacola il discernimento vocazionale in senso di scelta di speciale consacrazione. Al contrario, là dove la famiglia è coinvolta in un cammino di fede, il suo contributo è radicalmente diverso.
    È evidente che qui entra in gioco tutto l’impegno pastorale e l’attenzione alla famiglia accanto ai processi di pastorale giovanile. Come pensare alla famiglia come soggetto e non solo oggetto della pastorale giovanile?

    e. il mondo digitale
    Davanti alle sfide e alle opportunità che offre il mondo digitale, si riconosce che è urgente impegnarsi in esso. Si sente, però, che non sempre si è preparati al punto di farlo diventare cultura. Per i giovani i linguaggi ecclesiali molte volte suonano troppo ‘vecchi’. Il bisogno della formazione in questo campo è chiara: è una sfida tra ‘nativi’ e ‘immigrati’ digitali. Il coinvolgimento dei giovani in questi processi, cioè dei ‘nativi’, non può essere solamente intesa sul piano dell’operatività, quanto sul piano della cultura comunicativa.

    f. i grandi eventi
    La lettura che i giovani fanno dei grandi eventi è molto nitida, loro non si sbilanciano. Vedono questi incontri come delle piattaforme verso ulteriori cammini. La pastorale giovanile non si esaurisce nei grandi eventi, ma trova in essi una grande opportunità. I giovani sentono che l’esperienza di un grande incontro, per esempio, della GMG, è una sintesi di ‘metodo’ e ‘contenuto’. A chi vive una esperienza simile, si dà la possibilità di ‘scoprire la Chiesa’ e anche, soprattutto, di ‘scoprirsi Chiesa’.
    I grandi eventi possono e devono essere visti come delle belle e positive esperienze nella misura in cui siano inseriti in un cammino, in un progetto a lunga gettata.

    7. il termine ‘vocazione’ ha bisogno di essere chiarito

    Il più delle volte il termine ‘vocazione’ assume varie interpretazioni, che limitano la sua portata. Siamo ancora molto condizionati da una comprensione del termine solo all’insegna della vocazione di speciale consacrazione. Questo tema va visto anche insieme all’urgente scelta pastorale di far lavorare insieme, in un’alleanza più stretta e programmata, la pastorale giovanile e l’animazione vocazionale.
    Nello sviluppo unitario della pastorale ecclesiale, difficilmente si può spiegare la divisione o la separazione tra le due. Oggi più che mai ci rendiamo conto del fatto che una vera pastorale giovanile è vocazionale per sua nature e per sua essenza, nel senso che aiuta i giovani verso la maturazione integrale. Assumere la fede in Cristo porta i giovani al discernimento sul proprio progetto di vita. Se non accompagniamo i giovani ad arrivare a questo punto, rischiamo di lasciarli adolescenti permanenti, nomadi senza dimora e senza futuro.

    8. Proposte

    Raccolgo, in queste poche linee che seguono, alcune esperienze che sono germinate in questi ultimi anni e che sono state positivamente commentate nei questionari. Possono indicare alcune linee programmatiche e buone proposte pastorali, che hanno la capacità di approfondire e amplificare il cammino della pastorale giovanile:
    a. esperienze dei Sinodi dei Giovani a livello locale – nazionale o diocesano;
    b. Congressi a livello nazionale o diocesano;
    c. Giornate Continentali dei Giovani (come quella dell’Asia), per superare la barriera delle mancate risorse che le GMG alle volte chiedono, a causa delle distanze;
    d. proposte di convivenza, pellegrinaggi, con obiettivi pastorali chiari all’interno di progetti pastorali, e con accompagnatori e animatori preparati;
    e. volontariato, che va incorporato nella programmazione della pastorale giovanile e dell’animazione vocazionale.

    Conclusione

    Tre brevi riflessioni alla fine di questa condivisione.
    a. La prima è che il Sinodo chiaramente sta muovendo le acque in varie parti della Chiesa. Stando solamente ai questionari pubblicati, e vedendo le varie proposte e opportunità di partecipazione che alcuni questionari hanno suscitato, si notano dei processi positivi. È chiaro che ci sono molte zone d’ombra, mancata partecipazione e altro, che hanno bisogno di essere riconosciute e prese in seria considerazione. È anche vero, però, che si sono presentate opportunità che ci chiedono di non lasciarle cadere. Siamo invitati a vedere tutto questo movimento come una provvidenziale lezione, che ci dà forza e coraggio. Credo che il cammino che avremo davanti a noi nei prossimi mesi ci darà più luce e direzione in questo senso.
    b. La seconda riflessione ha a che fare con le strutture di governo e di animazione della pastorale giovanile. Si vede subito che i processi che portano avanti una linea di pastorale giovanile chiara beneficano di persone e strutture di governo e di animazione con una chiara mentalità progettuale. Non si improvvisa una struttura o un progetto pastorale. Ogni esperienza pastorale ha bisogna di una comunità educativa e pastorale, con una chiara visione e un progetto pastorale, che si mette in un cammino di attuazione e di valutazione. In una situazione dove manca il progetto pastorale, rimane soltanto l’iniziativa individuale, con conseguenti proposte frammentate e disgiunte.
    c. La terza riflessione è attorno al tema dell’accompagnamento personale dei giovani. Da varie parti si avverte questa richiesta, è un vero e proprio grido. Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (nn. 169-173) questo tema lo commenta molto chiaramente:
    Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere tutti insieme le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge (EG n. 171).
    I giovani ci stanno chiedendo questo importante servizio di ascolto e di accompagnamento. È un campo che primariamente ci chiede di studiare come offrire variegate e differenziate proposte di formazione e di personale esperienza nell’arte del discernimento e della direzione spirituale. Solo dopo, quando abbiamo avuto l’umiltà e il coraggio di vivere e di formarci in una personale esperienza di accompagnamento, saremo in grado di trovare i modi per risvegliarne nei giovani la fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere (cfr. EG n.172).

    * Salesiano, Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile.
    Il testo qui pubblicato è una conferenza tenuta a Tirana su una sintesi delle risposte delle 5 Conferenze Episcopali Europee che hanno pubblicato i loro risultati: Germania, Italia, Francia, Spagna e Inghilterra-Galles.


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