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     Il coraggio di sognare

    Tra papa Francesco e i giovani dialogo vero

    Francesco Ognibene


    P
    iano a snobbare i "sognatori": sono capaci di sorprendere chi li crede ingenui e illusi. Uno per tutti: «Mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa..."». Il sogno è una cosa seria, non va scambiato con l’astrazione inconcludente di chi si chiama fuori dalla storia per costruirsi un mondo a parte. C’è il sogno che vale una ritirata, ma anche quello che vede una realtà nuova, e ha bisogno di sottrarsi alla rassegnazione per alzare lo sguardo sul domani. Sognare spalanca la vita a progetti che faticano a star dentro la camicia di forza di compromessi e regole scritte da altri. È solo sognando che si può contemplare ciò che ancora non esiste e che tutti, attorno, ti spingono a credere inutile, faticoso, irrealizzabile. È così che si costruisce lo spazio nel quale può entrare il cambiamento di orizzonte, la rivoluzione di vita, l’idea e la parola che il mondo non conosce. È l’inaudito che diventa credibile.

    Per questo nel silenzio creato dal sogno Dio può parlare all’uomo, riempie il cuore disposto a non accontentarsi, e convince che l’impossibile è tale solo per chi si contenta del prudente realismo. Così sbaraglia il castello di carte del calcolo e della convenienza col vento del nuovo. Chi sogna così passerà pure per matto ma custodisce il segreto che tutti, misteriosamente e una volta ancora ogni mattino, continua a muoverci malgrado ogni avversità: la speranza. Chi non sogna più smette anche di sperare, si contenta del menù passato da una vita al ribasso, e vallo a dire ai giovani che da qui in avanti la loro strada sarà tutta così. Giuseppe, poco più di un ragazzo, non era tipo da accontentarsi se Dio gli parlò in sogno capovolgendo i suoi progetti, evidentemente contando che poi, «destatosi, fece come gli aveva ordinato l’angelo». Un sognatore della massima affidabilità.
    Solo detto questo, per capirci bene, risulta comprensibile perché Francesco ami tanto parlare di sogni. Lo fece anche rivolgendosi alla Chiesa italiana radunata a Firenze nel 2015 per il suo convegno decennale: «Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà». È il Papa che ha iniziato il suo ministero petrino nel giorno di san Giuseppe il "sognatore", che tiene nel suo studio una statuetta del santo patriarca dormiente affidandogli le richieste di preghiera che gli arrivano da ogni dove. E che ai giovani italiani che sabato sera al Circo Massimo gli rivolgevano domande in carne viva – tutt’altro che da ingenui – ha chiesto di capire un formidabile paradosso: bisogna svegliarsi per sognare, scendere dal letto per poter vedere il proprio futuro e mostrarlo a un mondo che i sogni non addomesticati dal mercato li liquida come vani e pericolosi. «I sogni sono importanti – ha detto Bergoglio sabato ai 70mila della magnifica veglia romana –. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza in ogni azione quotidiana». I sogni, ha aggiunto (e ce n’è anche per noi adulti), «ti svegliano, ti portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità» ormai troppo abituata ai «sogni della tranquillità», quelli «che addormentano» e che «fanno di un giovane coraggioso un giovane da divano». Tutt’altra è la strada dei sogni di futuro, veramente tali solo se «in grande», e condivisi: diversamente si trasformano in «miraggi o delirio di onnipotenza». Per questo «hanno bisogno di Dio» e del «noi», garanzie di autenticità.
    I giovani che sono arrivati a Roma "#permillestrade", come da hashtag ufficiale, si sono conquistati la meta grazie alla loro fatica personale e hanno mostrato alla Chiesa e alla società che non li ferma nessuno se gli si sa dare vero ascolto senza temerne attese, domande, contraddizioni, insofferenze, richieste, ingenuità, sfacciataggini. Più spesso di quel che sembra dentro la loro anima in subbuglio ci sono i sogni che chi dovrebbe introdurli nel mondo sembra aver disattivato come notifiche moleste in una vita già data per satura.
    Indubbiamente questi cammini italiani e l’incontro col Papa segnano un passo nuovo nel dialogo tra giovani e Chiesa, una consegna seria al Sinodo di ottobre: la consapevolezza che ci si può ritrovare nello spazio libero dei sogni e delle speranze grandi. Per niente di meno vale la pena destarsi.

    (Avvenire - 14 agosto 2018)


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