Una nuova rubrica di NPG
PAROLE ADOLESCENTI
Virginia e il professore
4. E un professore per amico?
Caro Prof,
anche in questa lettera voglio parlarle della scuola e spero di non stancarla visto che lei la vive tutti i giorni; del resto è così pure per me, forse più difficile visto che quest’anno è un mondo nuovo. Nuovo sì, ma ogni giorno mi piace sempre di più e il latino e il greco sono lingue meno morte di quanto si dica. Faccio fatica, studio con impegno, e poi non posso trascurare le altre materie, per quanto abbia una passione per il mondo classico come avrà capito. Con i miei compagni al momento tutto bene, ma perché ci sia una buona scuola e un buon ambiente servono dei bravi professori (e qui tocco un po’ il suo ambito, spero non si arrabbi se le dico io cose che certamente Lei conosce già). E quali sono i bravi professori? Per me è bravo un professore che, al posto di mettersi davanti a una classe di ragazzi semi-addormentati e ripetere in modo stanco ciò che è scritto sul libro, riesce a mettere un po’ del suo sapere e dei suoi studi in ciò che spiega, e faccia capire che la cosa che sta spiegando è la più importante del mondo, e che ha cambiato lui quando l’ha scoperta. Un bravo professore, secondo me, non perde la voglia di spiegarti dieci venti cento volte lo stesso concetto e, soprattutto, non perde la voglia di farti mettere in gioco, di darti anche un tuo spazio dove poter condividere il tuo personale pensiero. Un professore che non perde la voglia di farti essere assetato di conoscenza e di essere assetato lui stesso di conoscenza. Perché in fondo è così, un bravo professore fa imparare ai ragazzi ma, allo stesso tempo, impara tantissimo da loro. È per questo tipo di confronto e di scambio che vorrei essere una professoressa, un giorno. Per essere in grado di dare e ricevere, per dare le cose belle che avrò dentro, per ricevere le cose belle che incontrerò negli allievi.
Comunque, sia con bravi che con pessimi professori, a scuola bisogna anche fare dei sacrifici. Ad esempio ci sono delle materie che, indipendentemente dai professori o dai compagni, ci “pesano”. A quel punto tocca a noi fare qualche sacrificio, impegnarsi un po’ di più, dire di no a qualche uscita con gli amici piuttosto che un pomeriggio di ozio. È successo a tutti di essere stanchissimi e di non avere voglia di studiare o fare i compiti. Ma bisogna fare la nostra parte, faticare ogni tanto se si vuole arrivare in alto. Se si vuole arrivare alla cultura, alla conoscenza, al “sapere” che, a parer mio, è la miglior risorsa su cui un uomo possa contare. Può farci vivere consapevoli di ciò che ci sta intorno e di noi stessi, rendendo tutto un po’ più interessante o almeno meno superficiale, meno grossolano.
Ma il primo passo per avere una cultura è essere curiosi. La curiosità è uno dei pregi che preferisco nelle persone (anche se a volte può diventare un difetto, un’invadenza). La curiosità ci spinge “oltre”, elimina tanti limiti. Ci fa rendere conto del fatto che c’è sempre qualcosa in più da sapere, da fare, da chiedersi. Quindi quando mi chiedono come mai la scuola, tutto sommato, mi piaccia, io rispondo che sono una persona curiosa. E attenzione, una persona curiosa non è “secchiona” né “pazza”. Conosco tante persone curiose che hanno amici, hanno il tempo di uscire e avere hobby e piaceri.
Visto che prima ho parlato di “arrivare in alto”, voglio concludere con una frase che davvero racchiude tutto ciò che mi sta a cuore e che ho cercato di dire in questa lettera scritta tra un giorno di scuola e un altro. Le ha dette un “classico”, un greco la cui lingua dicono che sia morta, ma il cui pensiero ancora esprime civiltà: Plutarco. Egli scriveva: “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.
Buona scuola, La saluto.
Virginia
Carissima Virginia,
sta’ serena, non mi stancano le tue parole né mi arrabbio, anzi è un’occasione preziosa per crescere e per provare a diventare un “bravo prof.”. Non esistono docenti perfetti, né di certo lo sono io, ma possiamo metterci d’impegno per migliorare ed essere come il prof. che tu descrivi idealmente e che aspiri ad essere. Quando avevo la tua età, al ginnasio e al liceo ho avuto insegnanti che mi avrebbero potuto rovinare la vita e altri che mi hanno salvato. Pensa che con quest’ultimi, sono un paio, ora siamo amici, collaboriamo insieme in altri progetti educativi e di volontariato. Sono loro che hanno messo le ali ai miei sogni, mi hanno mostrato che docente essere, così come i primi quale docente non essere mai. Di una cosa sono sicuro, che se tanto proviene dalla nostra formazione umana e dagli studi, molto di più s’impara negli anni e quotidianamente a scuola e in classe, cose che solo l’esperienza sul campo può dare se si è disponibili ad apprendere ogni volta e umili ad accogliere nuovi insegnamenti. Ti assicuro che, se per voi studenti ci sono materie e argomenti difficili, per noi insegnanti è dura porsi nell’atteggiamento dello studente, perché lo siamo stati per molti anni, perché la docenza è una seconda scelta lavorativa, perché pensiamo già di sapere tutto. Naturalmente, quando è così, ci sbagliamo di grosso e ci meritiamo un brutto voto! Sai, quando viaggio per presentare i miei libri e intervengo in incontri su scuola ed educazione, alla fine c’è ogni tanto qualcuno che mi dice “sono fortunati i suoi alunni ad avere un prof. come lei” oppure “magari l’avessi avuto io un prof. così!”; io rispondo sempre che “bisogna chiederlo ai miei alunni ed ex alunni”, nel senso che la vera verifica sono loro, sei tu. Certo, ognuno deve fare la propria parte, poiché nessun docente può e deve “riempire vasi”, ma solo trarre fuori i migliori tesori, che poi è in qualche modo l’origine latina del termine “educare”. A proposito, invece, della “curiosità” che ti senti cucita addosso, tu da buona classicista citi Plutarco, io punto su un altro mito – Steve Jobs - sperando di non deluderti: «Tutto quello in cui inciampai semplicemente seguendo la mia curiosità e il mio intuito si rivelò in seguito di valore inestimabile». Grazie per il confronto. Sii felice!
Tuo prof.