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    PAROLE ADOLESCENTI

    Virginia e il professore


    17. Io e Dio. Lettera sulla fede

    virgy parcoCaro Prof, rieccomi, ancora in situazione pandemia, quasi alla fine dell'anno scolastico, sulla soglia di un’estate da vivere da capo.So che si sta avvicinando il termine di questo nostro scambio di lettere... Finita la scuola, mi sentirò in vacanza e non voglio più tormentarla con le mie riflessioni e questioni.Allora... sparo le mie ultime cartucce...

    In questi nostri scambi non abbiamo mai parlato del fatto religioso. Questo perché credo sia un argomento (oltre che molto importante) davvero molto personale e delicato, per cui le dirò solo qualcosa, ma di molto interlocutorio e davvero più accennando e chiedendo che “dichiarandomi”.
    Ho avuto la mia usuale esperienza religiosa, con il catechismo, i sacramenti, la cresima lo scorso anno, attività in parrocchia come animazione (soprattutto aiuto di mia sorella...) e qualche campo di comunità. Esperienze belle e indelebili, tappe importanti del mio percorso personale, ma...
    Sento di non aver trovato risposta a tantissime domande, e sento che voglio che accada. So che devo cercarle io quelle risposte, e chissà se mi basterà una sola vita!
    Vede, mi sono buttata a capofitto in tante cose della mia vita nuova (scuola, compagni, sentimenti), perché sento di diventare grande e il mio cuore chiede sempre di più e le risposte non sempre mi acquietano. Ecco, lo stesso sento per la fede, la preghiera... Non mi sto accontentando, ma anche non trovo sufficienti stimoli (o persone) con cui intavolare un dialogo, avere la risposta a tanti perché e trovare magari un po' di pace e sicurezza.

    Allora, non le parlo di questi perché... ma vorrei chiedere a lei che mi dica qualcosa (non dico della sua esperienza, non sono così invadente), ma di come i suoi studenti (magari della mia età) vivono questa esperienza: cosa gli fa problema, che risposte si danno o ricevono, dove trovano stimoli e dialoghi. Vorrei sapere come interpretano la loro fede (o non fede). Vorrei sapere se anche le loro menti e i loro cuori sono bombardati da incertezze e quesiti, a cui facile risposta non esiste. Non voglio "copiare" da loro (anche perché come ho detto prima, questo è un percorso estremamente personale, che varia da persona a persona in modo determinante), ma mi piacerebbe confrontarmi con loro.

    Mi dà qualche risposta che mi aiuti a pensare e chiarirmi le idee?
    Thanks.
    Virgi

    marcoCarissima Virginia, sei un ‘tormento’ positivo e stimolante, dunque sentiti libera di scrivere quando vuoi. In questi giorni i prof. lavoriamo per le ‘carte’ e sulle ‘carte’, cioè tutta quella burocrazia – a volte esagerata e ridondante – di cui farei volentieri a meno per dedicarmi più serenamente alle ultime battute dell'anno scolastico con gli studenti e i colleghi; le tue lettere e le tue riflessioni sono una bella pausa, così come le ultime lezioni in ogni classe con cui provo a fare sempre un bilancio dell'anno (cosa ho imparato in più rispetto al precedente?), di se stessi (in cosa sono cresciuto?), del gruppo (quale contributo ho dato e cosa ho ricevuto?). Ma torniamo alle tue ‘cartucce’ e devo dirti che hai conservato quelle più forti! Nella mia esperienza la religiosità è qualcosa che mi lega in due direzioni, verticale e orizzontale, in modo che la prima mi mette in contatto con il divino, la seconda con l'umanità. Da sola però non mi basta, poiché tra le due dimensioni a volte mi sento in croce, e spesso non comprendo e non mi sento compreso sia dal divino che dall'umano. Capita anche a te? Se sì, non devi preoccuparti, poiché anche la croce di Gesù e Gesù in croce non sono stati capiti, neanche da chi gli stava più vicino! Ciò non mi fa stare bene e può farmi allontanare, più facilmente da Dio che dalle persone. C'è bisogno allora della fede, ma la fede è un dono, nel senso che non scatta in automatico né può essere conquistata con lo studio o con il numero delle volte in cui vai a messa. Questo dono è dato a tutti, poi spetta a ciascuno custodirlo, aprirlo, tenerlo confezionato, esporlo, nasconderlo, abbandonarlo, gettarlo. Avere fede non è un fatto miracolistico e neanche un premio per pochi eletti, bensì è più un incontro e una consegna. Quando ti senti amata, ciò avviene attraverso una persona, dunque attraverso qualcuno che ti si avvicina, che ti abbraccia, ti accarezza, ti bacia, si china verso di te nel bisogno, e questo è l'incontro che si fa fede e la fede che si fa incontro; ora, tutti questi gesti d'amore non vanno a vuoto nel momento in cui ci toccano, ma ci destano e cioè diventano pure nostri e parte di noi, quindi sono una consegna che, a nostra volta, consegneremo ad altri. Per esempio, un bambino che non ha mai ricevuto gesti d'affetto, molto difficilmente sarà capace di mostrare affetto, e non per cattiveria, ma perché non ha mai vissuto quell’incontro necessario e quella consegna che diventa un insegnamento per il futuro. Per questo il cristianesimo non è un culto personale e va vissuto in un'esperienza comunitaria e di servizio, cioè nella Chiesa e per coloro che vivono nel bisogno; perciò hanno valore la messa, le preghiere, tutte le esperienze ecclesiali ‘belle e indelebili’ che hai fatto e quelle che potrai fare in questa tua ricerca di senso e di risposte. Io - non ti nascondo - continuo a viverle, spesso faccio fatica, vorrei fermarmi, magari cambiare aria, poi penso a quella consegna ricevuta da piccolo in famiglia e a quell'incontro avvenuto in oratorio alla tua età, e si riaccendono tutte le domande, piccole luci necessarie per il cammino. Carissima Virginia, non temere! Finché continuerai a porti le domande, sei sulla strada giusta; finché starai dentro la tua comunità nonostante i limiti della comunità, troverai gli stimoli; finché terrai il cuore libero dai pregiudizi sul credere, nella libertà saprai scegliere se confermare i sacramenti che hai ricevuto; finché sarai disponibile a lasciarti interpellare dalla sofferenza dei piccoli, dei poveri, degli abbandonati, dei malati, della terra piagata, continuerai a rinnovare quell'incontro e quella consegna. Ti auguro la sana inquietudine di Agostino di Ippona e di sentire nel tuo cuore la voce ripetuta che gli ha cambiato la vita: “prendi e leggi”! È stato solo l'inizio per lui… il resto lo lascio alla tua bella curiosità. Con affetto, tuo Prof.
    Marco Pappalardo

    P.S. Non ti ho parlato di come lo vivono i tuoi coetanei, scusami, ma temevo venisse fuori una specie di analisi da convegno di studi e, mi è parso, che chiedessi tra le righe, al di là delle domande esplicite, qualcosa di più. Se mi fossi sbagliato, dimmi pure e rimedierò.

     

     


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