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    Brindisi: una consulta che «tira» la pastorale giovanile diocesana


     

    Cinzia Mondatore - Giovanna Pantaleo - Antonio Greco

    (NPG 1983-09-29)


    È data qui di seguito non la descrizione di una fotografia, ma il «racconto» di una pianticella in un giorno qualsiasi della sua evoluzione. È riportata, fuor di metafora, una esperienza diocesana di collegamento e animazione della pastorale giovanile tutt'altro che conclusa e matura: è una esperienza agli inizi del cammino e ancora acerba e in questo suo stadio di crescita è qui di seguito narrata.
    Precisiamo inoltre che chi racconta non può considerarsi osservatore imparziale, ma porta con sé il proprio coinvolgimento e punto di vista nel lavoro di pastorale giovanile, pur con la massima aderenza possibile ai fatti, quali oggettivamente sono.

    DOVE SIAMO: DATI E AMBIENTE

    La diocesi di Brindisi comprende 9 comuni, di cui il più grosso, il centro diocesi, ha circa 90.000 abitanti, distanti tra loro fino a 50 km, per un totale di circa 200.000 persone.
    Brindisi soffre proprio in questi mesi il riflusso della industrializzazione per «poli»: la Montedison, nella prevalente latitanza delle amministrazioni locali, scarica 2.000 licenziati negli altri settori, dal canto loro non fiorenti, dell'agricoltura e del turismo, marginalmente nel settore peschiero; scarsa imprenditoria locale, in massima parte edile. A Brindisi come negli altri comuni della diocesi, e in genere in tutto il Sud, rilevante è l'impiego nel settore pubblico e più ampia nei secondi è l'economia agricola e parzialmente di trasformazione dei prodotti agricoli.
    Rilevante soprattutto per i giovani brindisini è stato e in certa misura continua ad essere il fenomeno pallacanestro, per una squadra salita rapidamente in Al che ha trascinato unitari entusiasmi e interessi; osserviamo inoltre che il capoluogo e i comuni limitrofi sono stati destinati a sede di 3 se non 4 centrali elettriche (a olio combustibile, 2 a carbone, una nucleare) presentate quale (illusoria!) contropartita occupazionale alla de-industrializzazione.
    Con tali sommari dati si vogliono segnalare da un lato alcune caratteristiche del territorio in cui il nostro lavoro pastorale si sta svolgendo, dall'altro come questo lavoro non possa in alcun modo prescindere dalle situazioni e dai concreti problemi della gente che vive nella diocesi e da tutti i fatti che ipotecano il futuro delle popolazioni e dei giovani.
    Riguardo all'ambiente ecclesiale in particolare: la diocesi ha 72 sacerdoti diocesani e 24 religiosi, in maggior parte ultracinquantenni; va sottolineata, oltre alle altre esperienze associative di cui in seguito, una singolare, ma ormai in via di diffusione, esperienza di Azione Cattolica, sostenuta dall'Arcivescovo Mons. Settimio Todisco, che ha in generale in questi anni reso possibile che tante forze laicali si coagulassero ed esprimessero.
    L'Azione Cattolica diocesana, con uno stile che non è stato senza positive e importanti influenze su tutta l'attività diocesana e in particolare sulla pastorale giovanile, partendo dalla Evangelii Nuntiandi che afferma la stretta connessione tra evangelizzazione e promozione umana, dai risultati del convegno ecclesiale del 1976, dall'insistenza del Papa sui diritti umani, dall'essere la chiesa «soggetto sociale della responsabilità per la verità divina» (RH 19) e dal documento dei Vescovi italiani del 23/10/81, ha sperimentato forme comunitarie di promozione umana, di annuncio dei valori cristiani nelle concrete vicende della città e dei paesi, senza con questo compiere scelte «politiche» in senso proprio.
    Tramite manifesti sui muri cittadini, interventi sulla stampa e ogni altra forma di sensibilizzazione dell'opinione pubblica è contestata l'evasione fiscale scandalosamente. presente e poco perseguita in tutti i partiti, si sono contestate logiche di imposizione autoritaria di scelte che coinvolgevano direttamente il futuro delle popolazioni, si è chiesta alle amministrazioni locali una politica di reale lotta all'emarginazione con progetti organici e non solo con interventi tampone.
    Una prassi in parte nuova, almeno per la Chiesa italiana ma che tenta di tradurre in fatti «la scelta degli ultimi» e che tuttavia, come è naturale, ha provocato anche in diocesi anche alcune incomprensioni o resistenze.

    LA CONSULTA DIOCESANA DI PASTORALE GIOVANILE

    In questa impostazione pastorale che vede la comunità ecclesiale annunciare il Vangelo servendo l'uomo concreto, perché l'attenzione all'uomo non sia solo denuncia e per evitare il rischio di ricadere in forme indirette di conquista ideologica di parte o di lasciare a poche pattuglie d'avanguardia questo ruolo di presenza «pubblica» della comunità a difesa delle ragioni degli «ultimi» è necessario che la comunione ecclesiale manifesti in tutto il suo agire, e quindi anche nei suoi strumenti, di non essere per se stessa ma per il mondo. Nella chiesa non è possibile camminare da soli.
    Gli organismi diocesani sono il luogo e gli strumenti in cui la comunione si fa cammino costante di verifica per essere fedeli al Vangelo e all'uomo chiamati a servire. La consulta di pastorale giovanile è nata da queste convinzioni e da queste premesse. Ma, come per gli altri organismi diocesani, la traduzione pastorale non è stata senza una storia di errori, difficoltà, ostacoli, obiettivi raggiunti e piccole mete realizzate. Di tutto vi diamo un racconto.
    Il cammino della nostra consulta possiamo scandirlo in due fasi: la prima va dal luglio del 1978 all'ottobre 1981; la seconda, da quell'ottobre ad oggi. Le due fasi sono molto importanti e sono scandite dal cambio del responsabile e della segreteria e da alcune scelte di cui in seguito.
    I gruppi presenti in diocesi e che fanno parte della consulta sono: Agesci, Centro missionario, Centro di Solidarietà Caritas, Comunione e Liberazione, CSI, CTG, Fuci, Gioventù Mariana, Movimento Studenti di AC, Oratorio Salesiano, Settore Giovani di AC, Volontariato Vincenziano.
    CSI e CTG, pur continuando a far parte della Consulta, si perdono lungo il cammino. La prima fase è caratterizzata da:
    - una serie di incontri tendenti a confrontare e valutare le costanti che caratterizzano le esperienze più significative dei vari gruppi della nostra diocesi (ogni gruppo presenta la sua esperienza e si confronta con gli altri);
    - dalla ricerca di alcuni strumenti e criteri di lettura della realtà socio-culturale dei giovani della diocesi.
    Si punta l'attenzione su 4 ambienti: scuola - lavoro - mondo femminile - cultura giovanile.
    In particolare possono essere ricordate alcune iniziative:
    - un documento unitario dal titolo «Un tentativo di analisi e alcune indicazioni per una pastorale giovanile»;
    - alcuni incontri sul «catechismo dei giovani» con esperti per iniziare una attenzione particolare agli operatori di pastorale giovanile;
    - l'organizzazione della «Giornata dello studente» sul tema della socializzazione;
    - il servizio di emeroteca e quello dell'informazione sulle attività estive dei vari gruppi. Si noterà in questa fase un lavoro prevalentemente di coordinamento, senza un riferimento preciso a un piano pastorale diocesano, che non c'è, accompagnato da un entusiasmo iniziale di conoscersi, lentamente scemato dopo poche iniziative unitarie data la mancanza di un progetto globale di orientamento e di servizio. La struttura unica, in questa fase, è data dalla assemblea dei responsabili diocesani dei gruppi che si riuniva con scadenza bimensile circa.
    A ben guardare oggi, questa fase ci sembra essere stata molto importante per ciò che siamo riusciti a costruire dopo; la consideriamo importante e necessaria per il nostro cammino. Pensiamo però che sia durata troppo e che tre anni siano stati tanti e che soprattutto nell'ultimo anno abbiamo segnato il passo fino a fermarci.

    LA SECONDA FASE DELLA CONSULTA: UN PROGETTO PIÙ CHIARO

    Il periodo di blocco è superato da due fattori: idee «nuove»; la struttura «nuova» della consulta.
    Iniziamo da quest'ultima: si era già avvertita l'esigenza di affiancare l'assemblea della consulta da una équipe di servizio che non fosse solo rappresentativo dei gruppi o movimenti ma che avesse la caratteristica di essere agile, si incontrasse più di frequente e organizzasse dei «servizi» ben precisi alla pastorale giovanile.
    La consulta viene a strutturarsi così:
    - l'assemblea;
    - una segreteria (responsabile - segreteria - assistente);
    - un gruppo di sei giovani scelti tra i più disponibili e per vicaria o zona e non solo per rappresentatività dei gruppi, che si incontrano ogni 15 giorni o anche ogni settimana insieme alla segreteria per pregare, studiare e programmare.
    Si inizia il lavoro ascoltando tre consigli parrocchiali, i più significativi, allargati a tutti i giovani sul tema della pastorale giovanile. Si ascoltano con molta attenzione le esigenze di base e poi, in una consulta, si scelgono tre piste di lavoro, tra le tante possibili, con i criteri di:
    - far tesoro delle ricchezze dei vari gruppi senza tentazioni di omologazione;
    - porre fine a una impostazione della consulta che si limitasse a un solo lavoro di coordinamento e farla diventare luogo in cui si elaborano orientamenti e linee più precise di pastorale giovanile, in stretto legame con la pastorale diocesana elaborata dal Vescovo;
    - infine, l'intento di dare una risposta alle esigenze e ai bisogni più immediati che salivano dai gruppi e dalla base parrocchiale.
    Le tre piste di lavoro scelte sono:
    ^ impegno per i diritti dei giovani come segno di solidarietà comunitaria con tutte le persone della propria età;
    ^ impegno educativo per il «protagonismo» giovanile nei vari luoghi della cultura, della politica, della vita sindacale, dei mass-media, della chiesa;
    ^ impegno per la qualificazione degli animatori della pastorale giovanile, anche come specificazione di una iniziativa dell'Arcivescovo per tutti gli operatori pastorali.
    Un anno fa ci sembravano dei sentieri-scommessa. Ora, con una concreta, anche parziale, sperimentazione ci sembra possibile affermarne la correttezza.
    È andata via via emergendo, inoltre, come scelta di fondo di tutte le attività la convinzione che solo con una attenzione privilegiata ai problemi dell'emarginazione può decollare pienamente anche il rinnovamento pastorale.

    LE INIZIATIVE DELLA CONSULTA E IL LORO SIGNIFICATO

    La concretizzazione di questi sentieri si è sostanziata in alcune iniziative che hanno coinvolto i gruppi e i movimenti a livello di vicaria e altre a livello diocesano. La diocesi è divisa in 4 vicarie e in 3 di esse abbiamo sperimentato un lavoro unitario, capace di mettere insieme l'aspetto di comunione e quello di missione del nostro essere cristiani.
    In una vicaria nell'Avvento, per quattro martedì, i gruppi si son trovati per pregare e la vigilia di Natale per una fiaccolata cittadina con la quale porgere gli auguri agli ammalati e ai sofferenti dell'ospedale cittadino.
    In un'altra vicaria nella Quaresima, per quattro martedì, ci si è incontrati in una chiesa per leggere la realtà, confrontarsi sul Vangelo e ascoltare la testimonianza di un giovane che si era impegnato a commentare con la sua vita lo stesso brano un mese prima affidatogli. Infine ci si è ritrovati intorno al Vescovo nella piazza principale della città per dialogare con «i lontani» e per «dire» alle istituzioni la voce della comunità in favore dei più poveri e più emarginati.
    Lo slogan che ha guidato la serie di incontri è stato: «per cambiare: comincio io». Nell'ultima vicaria, invece, in preparazione alla Pentecoste, si sono tenuti 3 incontri, per ogni paese della vicaria, nei luoghi di maggiore aggregazione giovanile per piantare in questi luoghi a volte di non-senso e insignificanti (bar, villa, ecc.) un gesto di attenzione e anche di provocazione sui maggiori problemi del paese e del mondo anche in riferimento alla fede. Gli incontri si sono conclusi con una grande veglia dei giovani della vicaria la vigilia di Pentecoste a cui ha partecipato l'Arcivescovo.

    LE INIZIATIVE UNITARIE DIOCESANE

    Quattro iniziative unitarie hanno scandito il lavoro di quest'anno. Le ricordiamo. Anzitutto la Giò-festa (ex-giornata dello studente) caratterizzata per il taglio prevalentemente missionario e di incontro con altri gruppi e con i giovani della città di qualsiasi tendenza ideologica sul tema: «Partecipazione e città». Obiettivo: mettere a fuoco una attenzione ai problemi del territorio e spingere i gruppi ad aprirsi e a «portare il proprio fagotto» nella costruzione, insieme a tutti, della storia locale.
    In secondo luogo una scuola di preghiera: 6 incontri, una domenica al mese, aperti a tutti i responsabili per imparare a servire i fratelli attingendo all'esperienza di Cristo (25-30 partecipanti).
    La scuola per animatori di pastorale giovanile. È l'iniziativa a cui abbiamo dedicato più tempo e più energia.
    Già a partire dallo scorso anno avevamo iniziato con un incontro che servisse a sensibilizzare al problema invitando a parlarci sulla condizione giovanile Italo Mancini. All'inizio del nuovo anno pastorale abbiamo programmato 20 ore di lezioni in sei pomeriggi suddivisi in due «tre giorni» (dicembre e aprile). Abbiamo utilizzato alcuni esperti di Note di pastorale giovanile. Partecipanti: 20-25 per tutte le 20 ore; molti altri saltuari.
    Intendiamo, nel giro di qualche anno, portare la scuola a darsi una struttura stabile e ampliarla nella durata passando dalle attuali 20 ore alle 100 ore circa. Ci sembra importante che lo sforzo dei movimenti e gruppi si concentri su questo punto nodale per l'animazione e per la pastorale giovanile: gli animatori.
    Infine il mensile monografico giovani e la collana alla ricerca del sale.
    Sono due strumenti che la consulta ha scelto non solo per coordinare esperienze ma soprattutto per veicolare idee, incrementare certe «sensibilità» e per aprire «nuove frontiere», con il contributo di tutti, nel nostro piccolo mondo spesso fatto di passività e di indifferenza.
    Soprattutto le prime tre iniziative sono state individuate perché in tutto l'anno ci fossero pochi ma essenziali momenti unitari con equilibrio tra missionarietà, conversione nella preghiera e impegno formativo.

    IL SENSO ULTIMO DI QUESTE INIZIATIVE

    Il senso ultimo di queste iniziative è di eliminare gli ostacoli psicologici, culturali, strutturali che impediscono a tante forze giovanili di divenire attivi operatori di rinnovamento della comunità civile ed ecclesiale, oltre che di se stessi.
    Riprendiamo quanto si affermava sopra: i problemi della città e del territorio devono essere sempre più la vita della chiesa e dei gruppi giovanili: i giovani contro la emarginazione per dare un volto credibile alla vita di fede e per liberarsi da una fede individualista, borghese e spesso separata dalla vita. Ma anche i giovani contro l'emarginazione per dare più credibilità a un impegno politico che «a partire dagli ultimi» costruisca un modo nuovo di vivere.
    Non crediamo e non chiediamo che la chiesa locale imposti la sua pastorale scegliendo per età o faccia la scelta esclusiva dei destinatari (o gli adulti, o gli anziani o i bambini ecc.). Ci impegniamo, invece, perché la comunità faccia la scelta di incarnare lo spirituale per poterlo rendere fecondo e di essere dalla parte degli ultimi-ultimi, perché solo se questa scelta sarà autentica sarà capace di aprire gli occhi sulla condizione giovanile e incontrare anche i giovani.

    I PROBLEMI APERTI

    Il cammino può essere sembrato facile, ma non lo è stato e non lo è tuttora. I problemi sono molti e quasi tutti aperti.
    Il rapporto tra consulta e gruppi di base è sempre molto delicato e oscilla da una patologica autonomia e chiusura a uno scaricare sulla consulta compiti e ruoli che non competono.
    Per noi della consulta delicato poi è il compito di essere strumento di trazione e di spinta, senza fughe in avanti magari giustificate anche da ritardi cronici. Costruire una mentalità di comunione fra i gruppi è scegliere di costruire questo bene primario a qualsiasi costo.
    Il male però che più ci mortifica è l'atteggiamento di chi, fermo alla finestra, sta a guardare o nell'indifferenza o nella attesa di vedere come andrà a finire. Non v'è in genere tra i nostri gruppi conflittualità, ma spesso silenzio e sospetto. E di questo risentiamo anche noi.
    Il vescovo sostiene e incoraggia il lavoro e puntella spesso «la testardaggine» di chi crede in questo lavoro e non si ferma davanti agli ostacoli. Dobbiamo però fare i conti con una notevole presenza di una mentalità clericale, tra sacerdoti e laici, che ha legato la pastorale a una sacramentalizzazione sterile e inutile in un clima culturale che ha distrutto il cristianesimo sociologico e cancellato la cristianità.
    La pastorale giovanile esige una chiesa in continua conversione e per questo è autentica quando, più che conquistare i giovani, è tesa a rendere il volto delle comunità senza macchia né rughe. Ma ciò non è indolore e per questo o si preferisce ignorare l'evangelizzazione dei giovani o si soffoca sul nascere qualsiasi tentativo di nuovo.
    È difficile dire in sintesi come i parroci guardino alla nostra esperienza, ma è certo che proiettano su di noi gli stessi atteggiamenti che hanno verso il mondo giovanile: dalla simpatia all'indifferenza, dall'interesse all'impotenza, dal sostegno alle perplessità. I problemi più aperti però sono:
    - la mancanza di una chiesa-adulta che sia punto di riferimento anche tacito per liberare tanti giovani almeno dai pregiudizi di una fede inutile o dannosa;
    - la mancanza di competenza e di qualificazione nell'approccio al mondo giovanile per incapacità di leggere questo tempo, e quindi l'acuirsi impressionante del distacco generazionale;
    - una più precisa individuazione di servizi e luoghi in cui essere presenti per testimoniare in concreto e in modo possibilmente organico la solidarietà e la lotta alle varie forme di emarginazione giovanile e non;
    - infine un impoverimento antropologico e sociale perché molti giovani, finita la scuola media superiore, sono costretti ad andare via dalla nostra diocesi e a sradicarsi in un momento importante e decisivo per la vita personale e quella della comunità. Sono questi i problemi del nostro mondo giovanile; essi diventano per ciò stesso i nostri problemi.

    COME SI INTRAVEDE IL FUTURO

    Chi cammina guarda in avanti e non si aspetta altro che di raggiungere la meta. Una struttura è legata alle persone che la plasmano e la modellano secondo le proprie sensibilità ma, in un certo senso, anche le supera e le trascende; e ciò è garanzia di stabilità e, speriamo, anche di continuità e di crescita.
    Cosa sarà di questo lavoro nel futuro non lo sappiamo. Siamo certi però che vale la pena impegnarsi per questa causa e che la pastorale giovanile prima delle divisioni, che sono il lusso della opulenza, ha bisogno della magrezza dell'essenziale.
    L'essenziale è aprire alle risorse giovanili luoghi e spazi di accoglienza e di impegno concreto per un cambiamento personale e collettivo, per essere motore di un rinnovamento globale: «anche perché in essi è riposta la speranza; non solo romanticamente, come spesso è detto, ma per le grandissime energie che tra essi ci sono; energie oggi immoralmente sprecate, ma da liberare e pronte per dare un contributo fondamentale al rinnovamento e alla costruzione di una società più umana» (cf C. Mondatore, in Giovani, 1/82, p. 11).
    E su questa strada le difficoltà e gli ostacoli saranno più di quanti se ne possano immaginare, per la nostra diocesi ma anche per la chiesa italiana!
    Ma ciò che ci rasserena e non ci scoraggia, senza toglierci l'inquietudine, è che tutto è sotto lo sguardo trasformante dell'amore di Dio.
    Con questa certezza terminiamo il nostro racconto.


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