Chiesa e giovani
Carlo Molari
(NPG 1983-02-40)
Sete di sincerità e capacità creativa, fonti dell'impegno di vita ispirato a Cristo, nel messaggio del Papa ai giovani spagnoli.
Il lungo viaggio apostolico del Papa in Spagna ha avuto numerosi momenti «giovanili». Il Papa stesso ha indicato la ragione di questo fatto: «in tutte le mie visite pastorali, nelle diverse parti del mondo, ho voluto sempre incontrarmi con i giovani. Lo faccio per la grande stima che nutro per voi e perché siete la speranza della chiesa, non meno che della società. Entrambe, infatti, fra non molti anni pogge. ranno in gran parte su di voi» (3 nov. a Madrid). Ed anche quando la parola è rivolta a tutti non mancano spesso alcune espressioni indirizzate specificatamente ai giovani.
Alcuni temi affrontati esprimono una costante della predicazione di Giovanni Paolo II come della pastorale giovanile della chiesa intera. Meritano di essere sottolineati.
La generosità dei giovani. Il richiamo alla «generosità» giovanile è frequente in Giovanni Paolo II sia per rilevarne il valore che per evidenziarne le ambiguità.
La generosità è la ragione delle insoddisfazioni di fronte ai compromessi e alle ingiustizie: «so che nella vostra generosità di giovani non vi soddisfano tanti aspetti della società attuale, che vorreste più giusta e solidale» (ai giovani universitari di Madrid).
E quindi è una garanzia per i miglioramenti sociali che il futuro può riservare, per quei «modelli di vita dei quali si può avere fiducia, tutta la vostra sete di sincerità e di miglioramento sociale, sete di valori permanenti degni di sagge scelte» (celebrazione della Parola allo stadio Bernabeu).
È questo il motivo per cui «tanti hanno vissuto ideali grandi ed hanno realizzato opere mirabili; nel passato e nel presente, sono la grande maggioranza. Desidero elogiarvi e farvi questo omaggio davanti a possibili generalizzazioni o accuse ingiuste» (ai giovani baschi durante l'omelia). Ma questa stessa generosità può venire strumentalizzata dalla violenza e tentata dall'edonismo, trasformandosi così in passività acritica. La tentazione della violenza nasce dalla fretta di realizzare gli ideali, dalla presunzione di possederne già il segreto. Per questo il Papa ricorda «che il cristianesimo comprende e riconosce la nobile e giusta lotta per la giustizia a tutti i livelli, però proibisce di cercare soluzioni per le vie dell'odio e della morte... La violenza non è un mezzo di costruzione» ed invita i giovani a «non lasciare strumentalizzare la loro generosità ed altruismo» (ai giovani baschi).
Nessun ideale infatti potrà mai essere attuato con mezzi che lo neghino anche solo provvisoriamente. Ogni meccanismo di violenza sarà sempre contrario alla pace perché opera divisioni, genera oppressione e morte. «Il giovane cristiano non cercherà metodi di azione che lo portino alla spirale del terrorismo; ciò, infatti, lo getterebbe in un male uguale o maggiore di quello che critica e depreca» (Stadio Bernabeu). Ciò vale non solo per i mali dell'ingiustizia sociale ma anche per quelli di carattere morale come la manipolazione culturale, l'esasperazione del sesso, le insidie della droga. Non si può reagire a questi mali con inconsulti gesti di violenza: la risposta può venire solo «da una posizione sanamente critica; dalla lotta contro la massificazione nel pensare e nel vivere. Così il cristiano vince il male; e voi giovani spagnoli, vincete il male con il bene ogni volta che, per amore e sull'esempio di Cristo, vi liberate dalla schiavitù di coloro che aspirano ad avere di più e non ad essere migliori. Quando sapete essere degnamente semplici in un mondo che paga qualunque prezzo per il potere; quando siete puri di cuore in mezzo a chi giudica solo in termini di sesso, di apparenza o di ipocrisia; quando costruite la pace, in un mondo di violenza e di guerra; quando lottate per la giustizia...» (3 nov. a Madrid). La generosità perciò deve condurre a scelte radicali e coerenti, ad una vita ispirata dalle beatitudini del Vangelo.
Per mezzo dei giovani la risposta di Cristo è offerta al mondo.
Il tema cristologico è costante in Giovanni Paolo II, soprattutto quando si rivolge ai giovani. La tesi centrale è di tipo antropologico: in Cristo possiamo vivere da uomini nel nostro mondo. La «salvezza è sicura per coloro che credono e confidano nel nome di Gesù. Sì, Cristo, il Figlio del Dio vivo, conferisce tutta la sua grandezza al nostro essere personale, è il garante di ciò che pensiamo e vogliamo essere, è colui che rende possibile vivere la vita con dignità e porla a disposizione degli altri, per aiutarli a crescere nella loro dignità; colui che avvalla gli apporti genuini delle scienze e del sapere umani, e li proietta in orizzonti più grandi; colui che ci rende capaci di affrontare senza timore il futuro, impegnati a costruire l'utopia di un mondo nuovo, più giusto e più umano» (agli universitari di Madrid).
La salvezza in questa prospettiva sta nell'avvicinare il regno di Dio, nel «renderlo visibile e attuale in questo mondo, come preparazione alla sua definitiva instaurazione... Un regno nel quale hanno un posto di rilievo i poveri, gli ammalati, i perseguitati, perché l'uomo è visto nella sua capacità e tendenza verso la pienezza di Dio... Un regno nel quale si realizzi il progetto divino sull'uomo, basato sull'amore, sulla libertà autentica, sul mutuo servizio, sulla riconciliazione» (3 nov. a Madrid). Essere testimoni di Cristo, perciò, o suoi missionari, significa «aiutare milioni di fratelli... ad essere pienamente uomini e a salvarsi» (consegna dei crocefissi ai missionari, Javier).
Con questa consapevolezza Giovanni Paolo II sollecita la generosità dei giovani: «Cristo ha bisogno di voi e vi chiama» (ib.).
È l'invito che la generazione degli adulti rivolge ora ai giovani. Ma non basta che sia rivolto a parole. Deve essere la vita a gridarlo.