Chiesa e giovani
Carlo Molari
(NPG 1983-01-36)
Dall'incontro del Papa con i giovani, a Brescia, richiami per la pastorale giovanile italiana.
Nei viaggi del Papa vi è quasi sempre un incontro riservato ai giovani. È una tappa cui sembra tenere particolarmente e che generalmente costituisce un momento di vivacità straordinaria, di entusiasmo rumoroso e di testimonianza corale.
Il messaggio che il Papa trasmette in questi incontri intende esprimere le attese della chiesa intera nei confronti delle nuove generazioni. È una delle espressioni autorevoli di quell'impegno di socializzazione nella fede che deve caratterizzare ogni comunità ecclesiale se vuole sopravvivere.
Il 26 settembre scorso nella Piazza Paolo VI, il Papa ha rivolto ai giovani di Brescia un discorso articolato in otto punti. Tre sono le riflessioni centrali.
La tradizione e il futuro. È facile la tentazione di rivolgersi al futuro come ad una novità assoluta o ad una rivoluzione radicale. L'illusione di poter fare storia cominciando da capo si affaccia ad ogni generazione ed i giovani ne esprimono abitualmente le forme più radicali. Che cosa può servire il passato quando la vita è posseduta al presente ed il suo sviluppo è nel futuro?
Invece il presente può essere compreso e vissuto solo in rapporto al passato perché non è reale se non come suo sviluppo. In questa prospettiva va inquadrato l'invito di Giovanni Paolo II alla fedeltà: «siate degni della vostra nobile e ricca tradizione... Non c'è un domani che scaturisca dal nulla. Non c'è e non può esserci un avvenire costruito sul vuoto o sulle sabbie mobili. Solo poggiando sul patrimonio dei valori... conquistati dalle generazioni dei giovani di ieri, voi potrete far progredire il mondo di oggi verso nuovi e validi traguardi... La fedeltà è sguardo proiettato sul futuro e impegno per l'avvenire».
Cristo è la risposta. Il secondo messaggio, frequente nei discorsi di Giovanni Paolo IL riguarda Cristo. «È nostro contemporaneo. Non un insigne reperto da museo, ma il Vivente assoluto, il compagno di viaggio dell'uomo del nostro tempo».
Riprendendo le parole del messaggio conciliare ai giovani, il Papa designa Cristo «il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e amico dei giovani». Per scoprire la verità di queste affermazioni, Giovanni Paolo II invita i giovani a misurarsi con le proposte fatte dal Vangelo: «troverete sempre, egli dice, una risposta ai vostri "perché"... Cristo è quello che sa dare la risposta a tutti i vostri "perché ". Capirete che mille difficoltà non hanno la forza di ingenerare un dubbio: che nessun macigno può rendere fragile la costruzione dell'onestà, della castità, della generosità». Questo richiamo alla verifica vitale è un tratto tipico della metodologia teologica moderna come lo è dell'apologetica e della catechesi. I valori fondamentali dell'esistenza non si possono accogliere prima di averli concretamente incontrati, come non si possono dimostrare ragionando, ma solo mostrare testimoniandoli. L'invito perciò rivolto ai giovani di scoprire l'efficacia della fede in Cristo può essere rivolto solo da una comunità adulta. Il Papa si fa portavoce, per le nuove generazioni, della testimonianza quotidiana che viene dagli adulti. Nello stesso tempo, se lo stile di vita giovanile deve essere «indelebilmente segnato dal "sì" a Cristo... un "sì" totale e limpido, deciso e pieno, alieno da sofismi, equivoci, oscillazioni», l'invito ad una risposta generosa è anche una sollecitazione agli adulti perché siano testimoni efficaci, e sappiano suscitare adesioni di fede senza riserve.
In questo senso l'affermazione: «il cristianesimo è la religione dei giovani» suona un po' retorica e scopertamente accattivante. È bensì vero, come nota il Papa, che «la parola del Signore... rivela una particolare affinità con l'età giovanile per la sua intima virtù di ricupero e di rigenerazione, per la sua misteriosa capacità di rapportare continuamente il ritmo dell'itinerario spirituale sullo slancio, la generosità, l'entusiasmo, che sono tipici della stagione giovanile». Ma è pure vero che la santità, garanzia unica dell'efficacia salvifica, richiede una maturità di sentimenti ed una costanza di decisioni che nei giovani possono essere indotte solo dalla presenza di testimoni adulti. La Chiesa, e ciò vale di tutte le religioni che siano espressione di fede autentica, non può essere costituita solamente da giovani. Il suo nerbo di solidità è costituito da adulti, maturi nella fede.
La profezia. Ma la testimonianza evangelica, anche se parte da una comunità adulta, non diventa abitualmente efficace per i giovani, a livello generale, se non quando viene tradotta in categorie giovanili dalle punte avanzate della nuova generazione. Per questo una comunità ecclesiale adulta mostra la sua efficacia solo quando riesce a suscitare «profeti» nell'ambito delle nuove generazioni. L'invito fatto dal Papa è esplicito: «ciascuno di voi ha il compito di essere profeta di Cristo fra i suoi coetanei... A chi non spera più, a chi non sa più aprirsi agli altri, a chi si dice pago delle cose materiali, a chi è vittima del consumismo, della paura, della frenesia del piacere, voi dovete annunciare il Signore risorto, la sua vita, la sua speranza, il suo regno, il suo amore». Più avanti egli parla di un debito «verso chi è nel dubbio e nell'angoscia, verso chi non sa più credere né sperare».
un'indicazione importante per una pastorale giovanile. Abitualmente sono «giovani» i profeti delle nuove generazioni. L'impegno perciò di una comunità ecclesiale deve essere orientato a suscitare nella nuova generazione alcuni «apostoli» che sappiano tradurre efficacemente la testimonianza che viene dalla storia e che concretamente è offerta dalla generazione adulta.
(con la collaborazione di Onorino Rota)