Giovani '80
Angelo Turchini
(NPG 1984-08-33)
Una nuova filosofia del corpo sposta sempre più l'accento dalla salute alla bellezza.
Essere belli è essere accolti, riuscire. E al di là dello specchio?
Per molti il corpo è uno strumento, un mezzo, una possibilità di espressione. Di più: è l'unica testimonianza reale tramite la quale è possibile esternare e concretizzare intelligenza, pensiero, sentimenti; è necessità primaria, condizione essenziale dell'esistenza, termine fondamentale per comporre l'equazione della vita.
Il mio corpo è, esiste. Non importa se come involucro ingombrante da sopportare e castigare, per meritare un paradiso perduto o come unica possibilità di vita data e vivibile.
Il corpo vive immerso in un fluido che scorre: il tempo. Per prenderne coscienza scandisce un attimo, un battito dopo l'a1- tro, stabilisce una serie. Delimita il passato, anticipa il futuro. Alti e bassi, momenti di crisi e di allegria scorrono in me. Il mio corpo li misura e registra, adeguandosi al loro ritmo, alla loro cadenza. Si modifica, si modella, si cura. Azioni e inter-azioni di corpo, mente, spazio, tempo.
Voglia e desiderio di star bene. Anche in senso fisico, come continuo miglioramento della propria salute. La salute del corpo è importante, non meno la bellezza. Vanno di pari passo, o almeno dovrebbero.
Mai come adesso il culto del corpo bello a tutti i costi ha soppiantato la vera pietra miliare della bellezza: la salute. Lo dicono i films, le campagne pubblicitarie, i mass media che bombardano continuamente il cervello e condizionano il look del corpo. Come sottrarsi al business delle mode cangianti, dei cosmetici colorati, dell'attenzione estetica in generale? Il bianco più bianco che resta è imbrattato di ombretti rossetti firme di stilisti prestigiosi e di profumi costosi. Ma macchie bianche e spazi neri possono trasformare il caos di un corpo in una piacevole tensione armonica. Per sé e per gli altri.
Ma segni e segnali non sono necessariamente colorati. Più serenità e sicurezza, più salute, più natura, più felicità vengono da una tensione all'equilibrio di gesti, movimento, alimentazione, riposo, rapporti non conflittuali. Si rifugge dall'inganno colorato della normalità, ma si rischia la normalità di ammaliatrice dell'inganno.
Mode movimenti innalzano, ma non solo da oggi, la bandiera della bellezza e della salute. Per essa si fa qualunque cosa. Diete atroci rovinano l'equilibrio psicofisico, massaggi anticellulite (anche a 13-14 anni) o trattamenti analoghi del parrucchiere o dell'estetista — moderni sacerdoti di nuovi culti — possono rovinare le tasche. La bellezza è desiderata come chiave che apre molte porte. È più facile essere accettati, considerati, amati se si è belli. Un aspetto curato e livigato a fior di quattrini e una pancetta contenuta con due o tre ore di palestra settimanali offrono forse più garanzie, almeno inizialmente, di una mente sveglia che non può ritrovarsi in uno specchio. Al di là dello specchio è un sogno antico, teso a scoprire l'altro volto delle cose, del corpo, il loro essere simmetrico e diverso. Ogni immagine riflessa chiude in sé il desiderio e l'invito ad essere ripiegata e riconosciuta e fruita anche sensitivamente.
Il corpo è un universo tutto da scoprire, un microcosmo, un albero con infiniti germogli che aspettano di poter sbocciare ed espandersi nello spazio.
Ciò non è possibile se non si riscopre la gioia di vivere nel proprio corpo. Occorre accettarlo, amarlo per ciò che è. Scoprire le infinite possibilità insite anche in un fisico insignificante aiuta in questo cammino percorso sempre di più da molti. Praticare costantemente un'attività fisica fa acquisire sicurezza.
Non importa se agilità, portamento deciso vengono con l'ultima novità made in Usa come l'aerobica e il body building o il jazz dance. Non importa se il corpo non si muove dentro la tutina firmata Jane Fonda o tuttosport.
Le tute, i body, le calzemaglie coloratissime non sarebbero indispensabili, ma chi vi rinuncia?
I salti, le flessioni, le torsioni, i passi si riflettono nelle grandi pareti di specchi o si chiudono fra i musi di casa o si sbizzarriscono in discoteca.
L'agonismo e la competività vengono lasciati agli atleti.
Ma l'attività fisica è anche liberazione della mente dalle preoccupazioni, valvola di scarico di tensioni nervose, recupero della propria sensibilità a livelli profondi. Perché sentirsi e conoscersi è essenziale per esplicare la potenzialità del corpo.
Per usarlo occorre partire di dentro. Non sempre ciò si realizza o è cosciente. Non sempre l'attività fisica, il look curato risponde ad un'armonicità corporea simbiotica con la mente che ne coordina i movimenti e ne indirizza le iniziative.
Perché il culto del corpo comprende anche la parte più nascosta, il cervello.
Il corpo non è un elemento coreografico di una vita, ma un mezzo di espressione, uno strumento efficiente per vivere e migliorare anche nel quotidiano d'ogni giorno.
Il corpo parla, talora grida, le sue singole parti esprimono intimità nascoste dell'ego. Gli occhi marroni ridono, sono velati di tristezza, fanno dell'ironia, comunicano come un battere di palpebre. Addirittura per due innamorati basta un gesto, uno sguardo e il messaggio è recepito, poiché mittente e ricevente sono in sintonia, si conoscono e riconoscono.
C'è un codice e una ritualità di gesti e comportamenti. Ritualità sono i gesti obbligatori che precedono una serata in discoteca o un colloquio di lavoro. Ritualità il corteggiamento, dai tempi ridotti al minimo, ma non totalmente scomparsi. Ritualità è ripercorrere schemi fissi di un già vissuto che si prolunga nel tempo. Eppure la ripetizione costringe ad attendere l'inevitabile ripetizione.
La soddisfazione della nostra aspettativa non è mai così forte e piacevole come la sorpresa della delusione. Alla perfezione prevedibile dei gesti si sostituisce l'imperfezione imprevista. Non c'è più un corpo che si specchia, perché l'oggetto è lo specchio: uno rimanda all'altro chiedendo senso. Ragnatela invisibile, ritualmente irrituale, quest'armonia dell'asimmetrico dà un significato, attira e cattura attenzione e desiderio. Al rito il nostro corpo non può sfuggire come non può alla sorpresa. Ogni cosa deve essere allora riconquistata, ogni parola ripetuta, ogni gesto ricomposto.
Ritmo, simmetria, inganno talora traggono alimento dalla tensione alla completezza, dal desiderio di scambio, di incrociarsi con un'altra strada. Sarà l'una a modificare e a dare un senso all'altra o viceversa, in una sincronia non logica e scontata, ma irrazionale e imprevista.