Carlo Molari
(NPG 1995-06-05)
Per imparare a vivere occorre scoprire il segreto della vita. Fino a che non lo si scopre, non si è in grado di vivere intensamente. Il segreto della vita sta nella presenza di Dio al centro della nostra esistenza. Il rito è l'esercizio per apprendere a vivere alla sua presenza e la festa ne è la gioiosa celebrazione. Ma l'ambito della presenza e quindi dell'incontro con Dio è la vita di ogni giorno: lo spazio feriale. I cristiani, fin dall'inizio, hanno espresso questa convinzione con il termine biblico della gloria e con il modello della incarnazione. Essi sono convinti che l'azione di Dio si fa gloria nella creazione e nella storia, e che la sua Parola può diventare carne umana: pensiero, decisione e gesto negli uomini fedeli. Gesù ha espresso in modo concreto questa legge vivendola senza resistenze nelle sue esigenze più sublimi.
Gesù icona di Dio
Gesù è stato costituito Messia e Signore ed è stato glorificato da Dio come Figlio perché ha vissuto e rivelato la gloria di Dio. Per la fede cristiana Gesù non è un semidio o un mostro umano, e non rivela Dio perché nella sua realtà umana sia divino, ma perché è compiutamente umano. Solo attraverso la sua umanità Egli svela che Dio è amore gratuito e misericordia creatrice. Gesù non ci ha salvato perché ha offerto qualcosa a Dio da parte degli uomini, ma perché, assumendo la condizione di servo, ha svelato i tratti essenziali della realtà divina e in tal modo ha introdotto nella storia lo Spirito di Dio, cioè la sua forza di vita, in modo nuovo e definitivo. Egli poteva dire: «Le parole che io vi dico non le dico da me stesso; il Padre che dimora in me fa le sue opere» (Gv 14,10); e ancora: «Ti ho glorificato sopra la terra... ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini» (Gv 17,4.6).
La legge che regola l'incarnazione o la rivelazione della gloria di Dio, come è apparsa in Gesù, può essere espressa in questo modo: l'Amore di Dio è efficace sulla terra quando diventa gesto di amore umano, la sua Misericordia si esprime nella storia quando è perdono di uomini, la Giustizia divina entra nel mondo quando diventa progetto di condivisione e di fraternità, la Vita diventa dono per gli uomini quando si fa carne umana. In questa prospettiva l'incarnazione non è solamente un evento fondamentale della storia umana, ma un paradigma dell'azione salvifica di Dio e quindi una legge essenziale della salvezza. Esprime le dinamiche divine che si intrecciano nella storia umana come solidarietà salvifica.
L'uomo gloria di Dio
La rivelazione di Dio non si è esaurita in Gesù. Egli è stato costituito Messia e Signore perché altri, riferendosi a Lui, possano continuare la sua missione. Per questo Egli ha assicurato i suoi: «In verità, in verità vi dico: chi crede in me, anch'egli farà le opere che io faccio e ne farà anche di più grandi» (Gv 14,12). Le opere che possono consentire il proseguimento della rivelazione di Dio, come si è realizzata in Cristo, sono le opere della solidarietà verso gli ultimi e della compassione verso i sofferenti. Altre forme religiose hanno altri carismi; il carisma del cristiano è definito dalla croce. Essa è diventata nel mondo il simbolo di una solidarietà che non teme la condivisione della morte, di una compassione che sa portare il male altrui fino all'estremo della sofferenza. Questa strada, segnata dal cammino storico di Gesù, è stata percorsa da numerose schiere di eroi che hanno introdotto nella storia umana correnti nuove di umanità e hanno consentito uno sviluppo inedito delle diverse società. Le sfide attuali della storia attendono altre forme di rivelazione, invenzioni nuove di solidarietà che introducano a inediti livelli di umanità.
Per capire il rigore della legge dell'incarnazione, occorre tenere presente il carattere trascendente dell'azione divina, dato che Dio è sempre creatore. Teilhard de Chardin (1881-1955, Transformation créatrice [1917], in Comment je crois, Seuil, Paris 1969, p. 31) scriveva: «La creazione... non è una intrusione periodica della Causa prima: è un atto coestensivo a tutta la durata dell'universo». L'azione di Dio è tale che «là dove Dio opera, a noi è sempre possibile (restando a un certo livello) cogliere solo l'opera della natura... La causa prima non si mescola agli effetti: egli opera sulle nature individuali e sul movimento d'insieme. Dio propriamente parlando non fa le cose, ma fa che le cose si facciano» (Note sur les modes de l'action divine dans l'univers [1920] , in Comment je crois, cit., p. 38). Nello stesso senso, K. Rahner scriveva: «Sembra che dovunque si riscontra nel mondo un effetto, se ne debba postulare la causa nel mondo stesso e la si possa e debba cercare, appunto perché Dio, rettamente concepito, opera tutto mediante le cause seconde... (altrimenti)... l'agire divino viene a collocarsi nel mondo accanto a quello delle creature, invece di essere il fondamento trascendente di tutto l'agire delle creature». Dio, perciò, conclude Rahner, «non opera qualcosa non operata dalla creatura, né si affianca all'agire della creatura: rende solo possibile alla creatura superare e trascendere il proprio agire» (Il problema dell'ominizzazione, Morcelliana, Brescia 1969, pp. 96-99). «Le vicende e gli eventi di un ente finito stanno continuamente sotto la pressione (se così possiamo dire) dell'essere divino. Tale pressione non rientra nei costitutivi essenziali di un esistente finito, però può farne sempre qualcosa di più di quanto essa sia in sé e farlo propriamente diventare quello che è» (Id., Scienze naturali e fede razionale, in Scienza e fede cristiana, Paoline, Roma 1984, p. 58).
Corrispondentemente si deve affermare che ovunque Dio opera, una creatura deve rendere presente, in modo umano, la sua azione. L'agire dell'uomo, perciò, non è solamente una risposta alle richieste della storia, ma anche epifania della perfezione di Dio, emergenza della sua azione creante, espressione del suo amore. La storia appare come il luogo in cui l'uomo è chiamato a rendere efficace l'offerta continua della vita. Il dono è troppo grande per essere accolto ed offerto in un solo istante. L'uomo può farlo suo solo a frammenti, nella progressione del tempo, attraverso eventi storici successivi. Ogni giorno l'offerta creatrice di Dio è necessaria ed essa può essere accolta in modo sempre più perfetto. Ma proprio per questo ogni giorno è necessario che uomini e comunità diventino espressione efficace dell'azione creatrice di Dio, del suo amore misericordioso. Questo è il servizio che ogni uomo, ogni coppia, ogni comunità è chiamata a rendere. Tutti gli atti di amore, tutti i gesti feriali possono acquistare questa funzione rivelatrice dell'azione divina. È sufficiente che abbiano le caratteristiche di gratuità e di oblatività che consentono all'agire divino di diventare carne umana.
In questo senso appare con chiarezza il doppio versante della formula di Ireneo: «La gloria di Dio è l'uomo vivente»: l'azione divina rende l'uomo vivo, l'uomo che vive rivela Dio. Il primo versante sta dalla parte di Dio e indica la condizione della vita umana: l'uomo diventa vivente solo in quanto si apre all'azione divina e ne incarna tutte le ricchezze. Il secondo sta dalla parte della creatura e indica la condizione della storia salvifica: l'uomo che vive rivela l'azione di Dio, lo rende presente nella storia. Il luogo di questo scambio salvifico non è la chiesa o la festa, ma è l'ambito dell'esistenza quotidiana: il lavoro, l'amore, la sofferenza, la solidarietà, la fatica di ogni giorno. Il rito serve per imparare a vivere alla presenza di Dio, a ristabilire l'orizzonte della sua azione quando l'illusione delle cose lo ha sconvolto o quando la delusione delle sconfitte lo ha cancellato. Ma l'ambito della gloria di Dio, e quindi lo spazio del suo dono, è l'esistenza di ogni giorno, il tempo feriale. Riservare a Dio solo il giorno di festa significa annullarne la presenza nella storia umana e relegarlo nei cieli fittizi delle nostre chiese.