Santi giovani e giovinezza dei santi /8
Da semplice brava ragazza a medico-madre felice di dare la vita per la figlia
Maurizio Spreafico
(NPG 2020-06-70)
Era il 1962 quando il 28 aprile Gianna Beretta Molla morì dopo aver scelto di non farsi curare per un tumore per paura di arrecare danno alla bambina che aspettava. Alla quarta gravidanza infatti, aveva scoperto un fibroma all’utero, ma preferì morire per non sopprimere la vita della figlia. Che oggi fa il medico e cura gli anziani. Come faceva la madre.
Una ragazza come tante altre
Gianna nasce a Magenta il 4 ottobre 1922 da papà Alberto e mamma Maria. La sua è una famiglia semplice e numerosa, dove si respira la presenza di Dio nella quotidianità, lo spirito di sacrificio e l’attenzione agli altri. La madre, attentissima ai suoi tredici figli, trova anche il tempo per impegnarsi nel soccorrere i poveri e nell’aiutare i missionari.
A 15 anni, mentre frequenta la quinta ginnasio nell’Istituto delle Suore Dorotee, partecipa ad un corso di Esercizi spirituali predicato dal gesuita padre Michele Avedano, lasciando dei pensieri e dei propositi scritti che orienteranno la sua vita di giovane cristiana (cf. Ricordi e preghiere di Gianna Beretta, 16/17/18 marzo 1938).
Negli anni del liceo e dell'università Gianna è una giovane dolce, volitiva e riservata, e mentre si dedica con diligenza agli studi, traduce la sua fede in un impegno generoso di apostolato tra le giovani di Azione Cattolica, e di carità verso gli anziani e i bisognosi nelle Conferenze di San Vincenzo.
Laureata in Medicina e Chirurgia nel 1949 all'Università di Pavia, apre nel 1950 un ambulatorio medico a Mesero (un comune del Magentino); si specializza in Pediatria all'Università di Milano nel 1952 e predilige, tra i suoi assistiti, mamme, bambini, anziani e poveri.
Mentre compie la sua opera di medico, che sente e pratica come una «missione», accresce il suo impegno generoso nell'Azione Cattolica, prodigandosi per le «giovanissime» e, al tempo stesso, esprime con gli sci e l'alpinismo la sua grande gioia di vivere e di godersi l'incanto del creato. In una conferenza alle socie dell’Azione Cattolica, nel 1954, diceva: “Primo dovere dell’iscritta all’Azione Cattolica è la preghiera, la vita di pietà intensamente vissuta. Anche se andate al lavoro, non tralasciate mai la meditazione. La visita, se vi è possibile; la Comunione, se non quotidiana, almeno settimanale … Solo se saremo ricche di grazia, potremo effonderla attorno a noi, perché chi non ha non può dare”.
Il matrimonio
Gianna si interroga, pregando e facendo pregare, sulla sua vocazione che considera anch'essa un dono di Dio. Scelta la vocazione al matrimonio, l'abbraccia con tutto l'entusiasmo e s'impegna a donarsi totalmente per formare una famiglia veramente cristiana.
Si fidanza con l'ingegner Pietro Molla e vive il periodo del fidanzamento nella gioia e nell'amore. Si sposa il 24 settembre 1955 nella basilica di San Martino in Magenta ed è moglie felice. Nel novembre 1956 è mamma più che felice di Pierluigi; nel dicembre 1957, di Mariolina; nel luglio 1959, di Laura. Sa armonizzare, con semplicità ed equilibrio, i doveri di madre, di moglie, di medico, e la gran gioia di vivere.
Il momento dell’eroica scelta
Nel settembre 1961, verso il termine del secondo mese della sua quarta gravidanza, è raggiunta dalla sofferenza e dal mistero del dolore; insorge un fibroma all'utero. Prima del necessario intervento operatorio, pur sapendo il rischio che avrebbe comportato il continuare la gravidanza, supplica il chirurgo di salvare la vita che porta in grembo e si affida alla preghiera e alla Provvidenza. La vita è salva, ringrazia il Signore e trascorre i sette mesi che la separano dal parto con impareggiabile forza d'animo e con immutato impegno di madre e di medico. Trepida, teme che la creatura in seno possa nascere sofferente e chiede a Dio che ciò non avvenga.
Alcuni giorni prima del parto, pur confidando sempre nella Provvidenza, è pronta a donare la sua vita per salvare quella della sua creatura: «Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete - e lo esigo - il bimbo. Salvate lui». Il mattino del 21 aprile 1962, dà alla luce Gianna Emanuela e il mattino del 28 aprile, nonostante tutti gli sforzi e le cure per salvare entrambe le vite, tra indicibili dolori, dopo aver ripetuto la preghiera «Gesù ti amo, Gesù ti amo», muore. Aveva 39 anni. I suoi funerali furono una grande manifestazione unanime di commozione profonda, di fede e di preghiera.
«Non mi sono mai reso conto di vivere vicino a una santa» - raccontò più volte il marito Pietro Molla - che po¬co dopo la scomparsa della moglie aveva at¬traversato anche il dolore della morte di una figlia. «Mia moglie aveva una fidu¬cia veramente infinita nella Provviden¬za. Era una donna piena di gioia di vive¬re. Felice. Amava la sua famiglia e la sua professione di medico. La sua casa. La musica. Il teatro. La montagna. I fiori. Amava tut¬te le cose belle che Dio ci ha donato. Mi è sempre sembrata una donna del tutto normale, ma, come mi disse monsignor Carlo Colombo, la santità non è fatta so¬lo da segni straordinari. È fatta soprat¬tutto dell'adesione, quotidiana, ai dise¬gni imperscrutabili di Dio».
Pochi gior¬ni prima aveva ribadito al marito e ai medici: «Se dovete decidere tra me e il bambino, scegliete il bambino».
Un gesto che viene da lontano
Sbaglierebbe molto chi pensasse a un gesto momentaneo o inconsulto. A un atto di coraggio improvviso e forse immotivato. «Per lei» - continuava a ripe¬tere il marito - «è stata la naturale conseguenza di tutta una vita». Vita fatta di una fede vissuta, dell'im¬pegno nell'Azione cattolica, delle lun¬ghe ore vicino ai propri pazienti, molti dei quali anziani, nonostante la specializzazione in pediatria. Vita, che ancor prima, ha messo radici in una grande fa¬miglia con molti figli e tante vocazioni religiose (come quelle dei tre fratelli).
Forse bisognerebbe contemplarne in silenzio il ricordo. Come indirettamen¬te ci insegna a fare la sua più viva testi¬mone, quella figlia Gianna Emanuela, che, guarda caso, è diventata medico ge¬riatra. Schiva e restia a qualunque "usci¬ta", ha scritto: «Sento in me la forza e il coraggio di vivere, sento che la vita mi sorride e desidero essere per lei motivo di orgoglio, dedicando la mia vita alla cura degli anziani, i suoi malati predilet¬ti. Credo che ne sarà felice».
La santa della porta accanto
Gianna Beretta Molla ci ha lasciato un epistolario fitto e intenso, scritto sia durante i tre anni di fidanzamento (dal 1952 al 1955) che nei sette anni di matrimonio (dal 1955 al 1962).
Nei mesi del fidanzamento ufficiale, dal febbraio 1955 al settembre 1955, le epistole sono tutte animate dal desiderio di rendere felice il futuro marito. Il 21 febbraio 1955 scrive: “Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. […] Ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana”.
La gioia e il senso di gratitudine per il dono imprevisto che è stato l’incontro con il futuro marito Pietro si uniscono alla consapevolezza che tutti i suoi sforzi non basteranno a realizzare ciò. Questa coscienza si traduce in domanda e preghiera che Colui che ha avviato l’opera la porti a termine. La lettera di tre settimane più tardi è tutta animata da questo sentimento: “Pietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! Ma non sono capace, supplisci tu. Il Signore proprio mi ha voluto bene. Tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: «Sarò io degna di lui?». Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente che, pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi. E allora prego così il Signore: «Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri». Va bene così, Pietro?”.
Gianna è sempre più desiderosa di compiere la volontà di Dio nel matrimonio. Si rende conto delle proprie manchevolezze e chiede aiuto e correzioni al marito: “Pietro, se vedi che faccio qualcosa che non va bene, dimmelo, correggimi, hai capito? Te ne sarò sempre riconoscente”.
Con gioia la coppia si apre al dono della vita nascente, e Gianna imparerà a dare la vita attraverso la sua malattia e la sua stessa morte. Durante la degenza in ospedale per l’intervento scrive ai figli: “Carissimi miei tesori, papà vi porterà tanti tanti bei bacioni grossi, vorrei tanto poter venire anch’io, ma devo stare a letto, perché ho un po’ bibi. Fate i bravi, ubbidite alla Mariuccia e alla Savina […]. Vi ho qui nel cuore e vi penso ogni momento. Dite un’Ave Maria per me, così la Madonnina mi farà guarire presto, e potrò tornare a Courmayeur a riabbracciarvi e stare con voi”.
Su sua richiesta vi tornerà in effetti dopo la nascita di Gianna Emanuela, ma per vivere solo poco tempo stroncata da una peritonite. Quarantadue anni dopo, il 16 maggio 2004, alla presenza del marito, dei figli e dei nipoti, viene canonizzata.
Gianna Beretta Molla, come tante ragazze del suo tempo, si era semplicemente preparata a vivere da brava moglie, da brava mamma, da brava dottoressa. Il Signore le ha concesso molto di più di quanto potesse aspirare: la santità da altare, una “santità di una persona della porta accanto”. Quella che è richiesta a tutti noi, la santità della quotidianità, e a molti di noi, la santità del matrimonio.
Bibliografia
- Gianna Beretta Molla. Un cammino di santità, (A cura del Comitato Organizzatore per la Beatificazione), Centro Ambrosiano, Milano 1994.
- Paolo Iafolla, Gianna Beretta Molla, Elledici 1995.
- Giovanni Fighera, Santa Gianna Beretta Molla ci testimonia il fascino e la bellezza del matrimonio, in "Tempi", 27 aprile 2019.
- Renata Maderna, Gianna Beretta Molla, il sacrificio della mamma santa, in "Famiglia Cristiana", 28 aprile 2019.