Italia generativa
Guardare il mondo con occhi nuovi
Rapporto 2022
Segnaliamo l’importante “Rapporto Italia Generativa 2022. Italia in surplace. Dalla dispersione intergenerazionale all’ecosistema generativo“, realizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, promosso da COMMON, Generatività.it, Alleanza per la generatività sociale, con il contributo di Unipolis
Il nostro è un Paese che deve ancora decidere di voler sconfiggere quel fondo depressivo che lo accompagna da tempo e che il biennio post-Covid ha scosso, ma non risolto. È una sindrome trasversale e intergenerazionale (e per questo preoccupante) quella che lo attraversa i e che traspare nell’affievolirsi della spinta imprenditoriale, nel numero straordinariamente elevato di NEET, nel declino demografico, nell’allargarsi della fascia di povertà e della sopravvivenza assistita, nel processo di invecchiamento dell’imprenditoria italiana.
Benché l’attenzione sia principalmente rivolta all’immigrazione, in realtà non va dimenticato che l’emigrazione è ancora un fenomeno italiano. Come raccontano i ragazzi e le ragazze dall’elevato potenziale che negli ultimi anni hanno deciso di lasciare il Paese perché certi di avere maggiori possibilità di vita e di crescita altrove.
Un sentimento di sfiducia e di rinuncia accomuna le generazioni, anche le più giovani. È come se l’Italia non si sentisse ancora capace di investire nel suo futuro.
Le ragioni sono certamente molteplici, ma, almeno in parte, questa sorta di ripiegamento può essere ricondotta ad una incomprensione di fondo tipica dei Paesi che arrivano al benessere troppo in fretta: e cioè che la crescita va continuamente ricostituita.
Questo è particolarmente vero nella fase che stiamo vivendo: terminata l’espansione della globalizzazione, sarà sempre più necessario imparare a lavorare insieme, seriamente, per ricreare le condizioni per un futuro comune.
Difficile pensare di poter contare ancora una volta sul debito pubblico; sull’arrivo di milioni di migranti assoldati, spesso in nero, in attività poco qualificate e con salari insufficienti a garantire una vita dignitosa; su un livello di prosperità ereditato dal passato e ancora sufficientemente diffuso.
L’Italia ha le capacità e le competenze per guardare avanti con fiducia e, a questo proposito, il surplace non manca di illuminare alcune aree dall’elevato potenziale. Eppure, sembra ancora mancare la volontà di far convergere le forze presenti ma disperse, ed imprimere una comune spinta generativa verso il futuro.
Tra i fattori che frenano, c’è l’indebolimento del senso di appartenenza ad una stessa comunità. Uno svuotamento causato da una cultura individualista che negli ultimi decenni ha portato allo slegamento dell’Io dal Noi. Questo movimento di separazione (che è anche di isolamento e frammentazione, e dunque di potenziale vulnerabilità) si è combinato con una generalizzata crisi di sfiducia – nelle istituzioni, nell’agire collettivo, nel domani –, generando un nodo difficile di districare.
In questo momento, l’Italia è in surplace.
È l’immagine del ciclista dalle grandi potenzialità ma tutto concentrato nel rimanere in equilibrio sul posto, piuttosto che nel lanciarsi verso il futuro che lo attende.
Così forse si può raccontare un Paese in cui gran parte delle energie – pubbliche e private – sono impegnate nel tentativo di conservare la posizione, più che a costruire un domani desiderabile.
Continuare a riflettere sulle ragioni di questa paradossale staticità è importante.
Il ciclista che sta fermo sulla bicicletta è molto abile. Ma il suo problema è quello di focalizzare tutti gli sforzi per tenersi in piedi. In questo modo, la sua forza va dispersa. Non è finalizzata.
Lo stesso vale per l’Italia: un Paese impegnato a restare in equilibrio, ma con una scarsa proiezione verso l’avvenire. E tanto meno verso le nuove generazioni.
Questa situazione va sbloccata, rigenerando condizioni adatte a favorire lo scatto in avanti. Diventando una società più matura e consapevole della propria storia. E proprio per questo più capace di concentrarsi sulle priorità.
Al di là del breve termine (che causa entropia e dispersione generazionale) serve uno sviluppo diverso, più armonico e di lungo periodo, basato sull’investimento e la cura dell’intero ecosistema sociale. A fare la differenza sarà soprattutto la capacità di rivitalizzare e riattualizzare il legame persone-infrastrutture-conoscenza.
Il Rapporto Italia Generativa raccoglie e prova a ricomporre le facce di un Paese ancora vitale, ma che continua a sprecare i suoi talenti in un contesto che resta troppo caotico. E perciò altamente dispersivo.
Oggi il cambiamento dello scenario internazionale espone a molti pericoli, ma anche sollecita a una nuova reattività di cui l’Italia è capace, forse meglio di altri Paesi, come ha dimostrato negli ultimi due anni.