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    «Questioni» natalizie

    Rinaldo Fabris

     magienatale

    Le origini di Gesù nei Vangeli apocrifi

    Il vuoto lasciato dai racconti dei Vangeli canonici sulle origini di Gesù è progressivamente riempito dai Vangeli apocrifi dell'infanzia. Gli autori di questi scritti riprendono alcuni episodi dei Vangeli delle origini di Matteo e Luca, con l'aggiunta di particolari aneddotici di carattere miracolistico e fantastico. Seguendo i modelli letterari dei Vangeli di Matteo e Luca, vi si narra la nascita di Gesù sulla falsariga dei racconti di nascita dei personaggi biblici. I Vangeli apocrifi dell'infanzia hanno uno scopo apologetico e edificante. Si vuole affermare e difendere la verginità perpetua di Maria e la divinità di Gesù, che si manifesta fin dall'infanzia nella sua straordinaria capacità taumaturgica e nella sua sapienza eccezionale.
    Dal Protovangelo di Giacomo si conoscono i nomi dei genitori di Maria - i nonni di Gesù - Gioacchino e Anna. Dallo stesso scritto apocrifo deriva la festa liturgica della presentazione di Maria al tempio. Nella tradizione apocrifa si conservano i nomi persiani o semitizzanti dei (tre) re Magi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre [1]. Dalla stessa tradizione trae origine l'iconografia del Natale, il presepio con la presenza del bue e dell'asino, ispirata ai testi di Is 1,3; Ab 3,2.
    Nei primi otto capitoli del Protovangelo di Giacomo si narrano le vicende della nascita di Maria da genitori sterili - Gioacchino, sacerdote nel tempio di Gerusalemme, e Anna - la sua presentazione al tempio e la consacrazione al Signore (a tre anni), dove è custodita fino a quando è affidata in custodia a Giuseppe (a dodici anni). Nei capitolicentrali (9-16) si racconta l'affidamento di Maria a Giuseppe, convocato, assieme a tutti i vedovi della Giudea, nel tempio. Giuseppe, vedovo anziano con altri figli, è scelto da Dio come custode di Maria, grazie a un segno particolare: il suo bastone, portato nel tempio, fiorisce e una colomba (che esce dal bastone) si posa sul capo di Giuseppe. Dopo l'annuncio dell'angelo Gabriele presso la fonte a Nazaret e il concepimento di Gesù a sedici anni, Maria va a trovare Elisabetta. Quando Giuseppe, assentatosi per lavoro, torna a Nazaret, trova Maria incinta. Lo scriba Anna denuncia l'adulterio presso il sommo sacerdote. Maria e Giuseppe superano la prova dell'acqua amara, prevista nella Bibbia per la donna sospettata di adulterio (Nm 5,17-28).
    Negli ultimi capitoli (17-25), il Vangelo di Giacomo segue la trama dei Vangeli delle origini di Matteo e di Luca, con l'aggiunta di alcuni particolari. Gesù nasce in una grotta avvolta da una nube luminosa, la verginità di Maria nel parto è confermata dall'ostetrica, mentre Salome, incredula, è punita e poi miracolosamente guarita. Per sottrarsi alla persecuzione di Erode, Giuseppe fugge con Maria e il bambino Gesù in Egitto. Invece il padre di Giovanni, Zaccaria, è ucciso da Erode, mentre il figlio è salvato dalla madre Elisabetta, grazie alla protezione miracolosa di Dio. In quest'ultima parte il Vangelo di Giacomo è una rilettura ampliata ed edificante del racconto armonizzato dei Vangeli delle origini di Matteo e Luca. Le incongruenze narrative del testo mostrano che l'autore ha fatto un montaggio di più tradizioni.
    Oltre al materiale della tradizione di Matteo e Luca, nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso, ripreso anche nei Vangeli apocrifi successivi, si riportano diversi episodi di Gesù fanciullo a Nazaret: a cinque anni costruisce con l'argilla dodici passerotti e li fa volare; fa "seccare" come un albero il figlio dello scriba Anna, perché distrugge le sue piccole dighe mentre sta giocando nel torrente; fa morire un bambino che correndo lo urta; guarisce i bambini suoi amici quando si fanno male o li risuscita quando muoiono; a scuola si dimostra più sapiente dei suoi maestri, creando problemi a Giuseppe e alla famiglia. Il carattere fantastico di questi racconti su Gesù bambino a Nazaret corrisponde al loro intento apologetico, spettacolare ed edificante. Fin dai suoi primi anni Gesù mostra di avere straordinari poteri taumaturgici, anche se adoperati in modo arbitrario e capriccioso.

    Attendibilità storica dei Vangeli delle origini

    I racconti dei primi due capitoli dei Vangeli di Matteo e di Luca hanno avuto un grande influsso nella storia dei dogmi, dell'iconografia e della pietà popolare cristiana. Il loro fascino proviene dal profilo dei protagonisti che si muovono nell'ambito della vita di famiglia, scandita dall'attesa e dalla nascita di un figlio e dagli eventi gioiosi o drammatici che l'accompagnano. I singoli episodi sono avvolti in un clima di gioia e di trepidazione, di paura e di speranza. La comunicazione tra il mondo di Dio e quello umano è immediata e costante. L'angelo del Signore annuncia la nascita di Gesù a Giuseppe, a Maria e ai pastori; una stella guida i Magi fino al luogo della sua nascita; ancora l'angelo del Signore avverte Giuseppe quando un pericolo di morte minaccia il bambino e quando esso è cessato. Lo Spirito santo e la parola profetica della Scrittura scandiscono la trama del racconto, ispirano e orientano l'agire dei protagonisti umani: Maria e Giuseppe, Zaccaria ed Elisabetta, Simeone e Anna. Questi elementi tipici dei Vangeli delle origini di Matteo e di Luca creano problemi e suscitano interrogativi: Quale attendibilità storica hanno questi racconti? Sono una serie di aneddoti arricchiti con tratti folcloristici e leggendari? Alla loro base ci sono tradizioni storicamente attendibili? Con quali criteri si possono definire? Qual è il genere letterario utilizzato dagli autori o redattori dei Vangeli?
    Questi interrogativi sono incentivati anche dal fatto che il materiale presente nei primi due capitoli di Matteo e di Luca è ignorato quasi del tutto dalla tradizione che sta alla base della primitiva predicazione cristiana, confluita nella trama del Vangelo pubblico. Lo schema del kérygma inizia con la presentazione della figura e dell'attività di Giovanni Battista (At 1,21-22; 10,37; cf. Mc 1,2-8). Paolo, che scrive le sue lettere verso gli anni cinquanta, non dice nulla della nascita di Gesù, né parla dei suoi genitori, anche se conosce la sua origine "secondo la carne" dalla stirpe di Davide e dal popolo di Israele (Rm 1,3; 9,5).
    Inoltre i primi due capitoli di Matteo e di Luca si distinguono dai successivi per lo stile e per l'uso di testi biblici riferiti a episodi e personaggi dell'Antico Testamento. Nella serie di canti o salmi che scandiscono la trama narrativa del Vangelo di Luca, si ha l'impressione di trovarsi davanti a composizioni in cui si riflettono le attese messianiche giudaiche senza la prospettiva della fede in Gesù Cristo, Signore e Figlio di Dio. Anche il ritratto dei genitori di Giovanni - Zaccaria e Elisabetta - e delle due figure di Gerusalemme - Simeone e Anna - s'ispira all'ideale religioso della tradizione giudaica. Questi elementi sollecitano la ricerca sul genere letterario del Vangelo delle origini di Matteo e Luca.

    1. I midrášîm ebraici e i Vangeli delle origini

    Il confronto dei Vangeli di Matteo e Luca sulle origini di Gesù con i racconti della nascita dei personaggi biblici - Abramo, Isacco, Mosè, Sansone, Samuele - nei testi dell'Antico Testamento e della tradizione giudaica fa intravedere una singolare affinità nella costruzione della trama narrativa: annuncio della nascita, del nome e della missione del personaggio da parte di un inviato di Dio; il segno - luce, stella - che ne rivela il tempo e luogo della nascita; la minaccia da parte dell'ambiente ostile e l'intervento liberatore di Dio. Non solo i personaggi, ma anche episodi e testi biblici, nei Vangeli di Matteo e Luca, sono riletti e interpretati in funzione delle origini di Gesù. I primi capitoli dell'Esodo, dove si raccontano l'oppressione dei figli di Israele in Egitto e la nascita, la persecuzione, la fuga e il ritorno di Mosè, fanno da sfondo al racconto delle vicende di Gesù nel capitolo secondo di Matteo. Nel racconto dell'incontro delle madri - Maria ed Elisabetta - vi sono allusioni all'episodio biblico del trasporto dell'arca di Dio, accolta da Davide a Gerusalemme, e alla figura biblica di Giuditta, salutata come la liberatrice del popolo di Israele. I due annunci delle nascite di Giovanni e di Gesù sono intessuti di espressioni e rimandi a testi biblici. I quattro canti che ampliano e commentano i vari episodi del racconto lucano - il Magnificat, il Benedictus, l'inno degli angeli alla nascita di Gesù e il cantico di Simeone nel tempio - sono un mosaico costruito con tessere di matrice biblica.
    Nella tradizione ebraica questo modo di leggere la Scrittura in funzione della vita e della realtà attuale si chiama midráš, conosciuto nelle due varianti di midráš halakâh e midráš haggadâh. Il primo è di carattere più pratico-normativo, il secondo è di tipo omiletico-narrativo. In particolare il midráš aggadico si sviluppa nella forma di racconto attorno ai personaggi biblici esemplari a scopo edificante. Nei manoscritti di Qumran questo metodo di lettura "attualizzante" dei testi biblici è chiamato pešer. A differenza dei midrášim giudaici i primi due capitoli dei Vangeli di Matteo e Luca non si limitano a citare e commentare testi particolari della Scrittura, ma si presentano come una narrazione unitaria e coerente, incentrata su personaggi ed eventi concreti. Matteo non commenta i testi biblici, ma con le quattro citazioni di compimento "commenta" e dà un significato religioso biblico a personaggi ed eventi del suo racconto delle origini di Gesù.
    I rispettivi redattori dei Vangeli collocano il racconto delle origini di Gesù in un contesto storico e geografico preciso. Gesù nasce al tempo del re Erode in Giudea. Secondo Luca la sua nascita a Betlemme è connessa con uno dei censimenti di Ottaviano Augusto, quando Quirino era governatore della Siria. La presentazione di Gesù avviene a Gerusalemme, nel tempio. Luca vi premette un proemio, nel quale dichiara la sua intenzione di fare un racconto ordinato sulla base di ricerche accurate, fin dalle origini, per mostrare la solidità di quello che si dice attorno agli avvenimenti ricordati nella tradizione dei testimoni oculari (Lc 1,1-4). Per i rispettivi autori, il Vangelo delle origini non è una raccolta di storie edificanti, né la drammatizzazione di verità religiose astratte, ma una narrazione di eventi ed esperienze religiose, nate e maturate dentro la storia.

    2. Storia e tradizione nei Vangeli delle origini

    I racconti dei Vangeli delle origini di Matteo e di Luca non sono un resoconto storiografico della nascita di Gesù e degli avvenimenti connessi. Vi sono troppe lacune di carattere cronologico, geografico e sociologico per parlare di una vera e propria "biografia". Nel Vangelo di Luca il parallelismo tra la vicenda di Gesù e quella di Giovanni Battista è frutto di un montaggio letterario per esaltare l'identità e la missione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio e il Signore. Il racconto dei Magi e della persecuzione di Erode nel Vangelo di Matteo rispecchia la situazione vitale della sua comunità cristiana, che è in conflitto con l'ambiente istituzionale giudaico e invece è favorevole alla missione verso i "lontani".
    Il confronto tra i due racconti delle origini di Matteo e di Luca mostra una serie di convergenze su alcuni elementi essenziali, ma riletti in una prospettiva redazionale molto diversa. I punti di convergenza sono:
    - i nomi dei genitori di Gesù, Maria e Giuseppe
    - l'identità di Gesù, discendente di Davide, tramite il padre Giuseppe
    - la sua nascita al tempo del re Erode, a Betlemme in Giudea
    - la residenza della sua famiglia (prima o dopo la nascita) a Nazaret in Galilea
    - l'affermazione che Gesù è Figlio di Dio, nato da Maria vergine, grazie all'intervento dello Spirito santo
    - utilizzazione del testo greco di Is 7,14 per interpretare il concepimento verginale di Gesù.
    Per spiegare queste convergenze non c'è bisogno di pensare a una dipendenza letteraria di Luca da Matteo o viceversa, ma bastano la conoscenza e l'uso di alcune tradizioni comuni, maturate e conservate nelle comunità cristiane della prima e seconda generazione. In queste tradizioni circa le origini di Gesù alcuni dati, storicamente attendibili, sono interpretati nella prospettiva della fede cristiana, in cui si riconosce e proclama che Gesù è il Cristo - il Messia - e il Figlio di Dio. Nei racconti delle origini di Gesù dei primi due capitoli dei Vangeli di Matteo e Luca, storia e interpretazione s'intrecciano in modo inscindibile. L'interrogativo sull'attendibilità storica delle tradizioni, che stanno alla base delle due narrazioni evangeliche, apre la porta a una serie di ipotesi da verificare caso per caso con l'analisi delle fonti disponibili.

    3. Maria, Giuseppe e Gesù nel Vangelo di Luca

    Il primo dato convergente della tradizione sulle origini di Gesù, conosciuta e utilizzata da Matteo e da Luca, riguarda la sua famiglia di origine. Gesù è nato da Maria, fidanzata e sposa di Giuseppe. Per tre volte nei racconti di Matteo e Luca il verbo mnéstéuesthai, al passivo, "essere fidanzata", è riferito sempre e solo a Maria in rapporto a Giuseppe, chiamato anêr, "uomo-marito" (Mt 1,16.19: Lc 1,27.[34], cf. 2,36, marito di Anna). Nella versione greca della Bibbia - la Settanta - con questo verbo, che ricorre dieci volte, si traduce il verbo ebraico 'aras, "fidanzarsi". Il contesto, nel quale ricorre questo lessico, riguarda sempre la situazione di una donna giovane, fidanzata o non fidanzata a un uomo, prima del matrimonio vero e proprio (Dt 20,7; 22,23.25.27.28; 1Mac 3,56). Si tratta di una condizione previa e in vista delle nozze, equivalente, sotto il profilo giuridico, al matrimonio stesso (cf. Es 22,15). Nel racconto della nascita di Gesù a Betlemme, stando al tenore del testo greco di Luca, dove ricorre sempre lo stesso verbo, prima e dopo l'annuncio dell'angelo Gabriele, Maria, in rapporto a Giuseppe, è detta sempre "fidanzata" o promessa sposa (Lc 1,27; 2,5). Dopo la nascita di Gesù a Betlemme, quando Maria e Giuseppe presentano il bambino Gesù nel tempio di Gerusalemme, Luca parla dei "genitori" (Lc 2,27). Egli conferma questo lessico genitoriale nel contesto dell'incontro con il vecchio carismatico Simeone, che prende il bambino tra le braccia e benedice Dio: «Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui» (Lc 2,33).
    Nel racconto della manifestazione della sapienza di Gesù dodicenne a Gerusalemme, nel tempio, in occasione della festa-pellegrinaggio della pasqua, Maria e Giuseppe sono chiamati «i suoi genitori» (Lc 2,41.43) [2]. Anche in questo caso l'autore conferma la sua prospettiva nelle parole che Maria rivolge a Gesù, rimasto nel tempio all'insaputa dei suoi genitori: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Quando racconta l'inizio dell'attività pubblica di Gesù, l'autore del terzo Vangelo dice che egli aveva circa trent'anni «essendo figlio - come si credeva - di Giuseppe» (Lc 3,23). L'inciso - "come si credeva" - se proviene dalla mano di Luca - è un tentativo di armonizzare l'affermazione "essendo figlio di Giuseppe" con quello che si dice sull'origine di Gesù nei primi due capitoli. D'altra parte, la genealogia di Gesù, inserita a questo punto, sta in piedi solo se ha senso l'affermazione: «essendo figlio di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat...figlio di Adamo, figlio di Dio» (Lc 3,23.24.38).
    Luca da una parte afferma in modo esplicito che "quello che è generato" da Maria vergine, è il Figlio di Dio e il santo, perché lo Spirito santo scende su lei e la ricopre la potenza dell'Altissimo, dall'altra presenta Maria e Giuseppe come i genitori, il padre e la madre di Gesù. Si potrebbe risolvere questa ambivalenza del testo evangelico pensando che Luca abbia messo insieme due tradizioni, una dove si parla dell'origine divina di Gesù, il figlio di Maria vergine, e l'altra dove Maria e Giuseppe sono conosciuti come i suoi genitori, il padre e la madre di Gesù.

    4. Giuseppe, Maria e Gesù nel Vangelo di Matteo

    Nel Vangelo di Matteo la situazione della famiglia originaria di Gesù è meno ambivalente. In modo deciso e chiaro, per due volte, Matteo afferma che Maria, fidanzata a Giuseppe, è la madre di Gesù, il Cristo, generato «dallo Spirito santo» (Mt 1,18.20). Egli rafforza queste dichiarazioni precisando che Maria ha partorito il figlio, chiamato Gesù, senza avere avuto relazioni coniugali con Giuseppe (Mt 1,24). Nel racconto degli eventi successivi alla nascita di Gesù, Matteo tende a dissociare Giuseppe dal rapporto tra la madre, Maria, e il bambino, mai chiamato "Gesù", se non nella frase programmatica iniziale (Mt 2,1). Nella scena dei Magi, che arrivano a Gerusalemme per adorare il neonato re dei Giudei e poi, guidati dalla stella, vanno fino al luogo dove si trova il bambino, Giuseppe è sparito. Quando i Magi entrano nella casa vedono «il bambino con Maria sua madre» e gli si prostrano in adorazione, offrendogli in dono oro, incenso e mirra (Mt 2,11). Di fronte alla minaccia di Erode, che cerca di uccidere Gesù, un angelo del Signore avverte in sogno Giuseppe di prendere «il bambino e sua madre» e di fuggire in Egitto. Egli prende con sé «il bambino e sua madre» e fugge in Egitto (Mt 2,13.14). Dopo la morte di Erode si ripete la stessa scena in senso contrario. Un angelo del Signore, in sogno, dice a Giuseppe di prendere con sé «il bambino e sua madre» e di andare nella terra di Israele. Giuseppe esegue l'ordine: prende con sé «il bambino e sua madre» ed entra nel paese di Israele (Mt 2,20.21).
    Nel Vangelo di Matteo si avverte una certa tensione tra la genealogia iniziale e il racconto della nascita di Gesù. Verso la fine dell'elenco delle generazioni da Abramo a Gesù, Matteo scrive: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo - tòn ándra - di Maria, dalla quale fu generato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16). In questo quadro Giuseppe figura, senza mezzi termini, come "lo sposo-marito" di Maria, la madre di Gesù. Però il cambiamento della forma del verbo gennân, "generare", dall'attivo, "generò", al passivo "fu generato", esprime bene l'intenzione di Matteo di escludere il ruolo del "marito" Giuseppe nella nascita di Gesù Cristo da Maria. Egli conferma la sua prospettiva nel racconto della nascita di Gesù. Il rapporto tra Giuseppe e Maria è espresso con lo stesso verbo lucano mnéstéuesthai, "essere fidanzata": «La nascita di Gesù Cristo avvenne così: essendo fidanzata la madre di lui, Maria, a Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta dallo Spirito santo» (Mt 1,18). Nel seguito del racconto Giuseppe è chiamato il marito - ho anêr - della madre di Gesù, e Maria è chiamata sua "sposa" (Mt 1,19.20.24). Un angelo del Signore, in sogno, dice a Giuseppe qual è il suo ruolo nei confronti di Maria e di Gesù. Egli deve prendere con sé - paralambànein - Maria, sua sposa - tên gynaîka sou -, e chiamare con il nome Gesù, il figlio che lei partorirà (Mt 1,20.21) [3]. Giuseppe esegue puntualmente l'ordine dell'angelo del Signore: prende con sé la sua sposa - tên gynaîka autoû - e chiama "Gesù", il figlio da lei partorito (Mt 1,24.25). Mentre è chiara l'intenzione di Matteo di escludere Giuseppe, il marito di Maria, dal concepimento di Gesù, rimane oscuro o problematico il suo ruolo di padre, che deve garantire la discendenza davidica di Gesù Cristo. Nell'incipit programmatico del Vangelo di Matteo, Gesù Cristo è chiamato "figlio di Davide" (Mt 1,1). Allo stesso modo l'angelo del Signore, che parla in sogno a Giuseppe, gli dice: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa..» (Mt 1,20). Come può essere chiamato "figlio di Davide", Gesù, il figlio di Maria, del quale Giuseppe discendente di Davide, non è padre né naturale né giuridico? La presenza di Giuseppe, lo sposo di Maria, serve a legittimare una nascita che appare irregolare, dal momento che il concepimento è avvenuto prima del loro matrimonio?
    Sullo sfondo di questi interrogativi si può capire come si siano formate alcune tradizioni sull'identità e il ruolo di Giuseppe, come quelle raccolte nel Protovangelo di Giacomo, dove Giuseppe è un giudeo anziano e vedovo, con figli, scelto dal sacerdote del tempio di Gerusalemme come custode e protettore di Maria, la vergine consacrata ed educata nel santuario di Gerusalemme. La preoccupazione preminente di questo Vangelo apocrifo del secondo secolo è di affermare in tutti i modi la verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto di Gesù. Questo è il ruolo assegnato all'ostetrica che deve verificare l'integrità fisica di Maria dopo la nascita di Gesù nella grotta. Nel racconto delle origini di Gesù secondo Luca e Matteo le tensioni derivano dall'accostamento tra l'affermazione del concepimento verginale di Maria per opera dello Spirito santo e l'accoglienza della tradizione, dove si parla del matrimonio di Giuseppe e Maria (Mt), presentati come genitori di Gesù (Lc).

    Il concepimento verginale di Gesù per opera dello Spirito santo [4]

    Nella tradizione comune, accolta e interpretata nei due Vangeli delle origini di Matteo e di Luca, si parla di Gesù concepito da Maria vergine per opera dello Spirito santo. Matteo, in modo chiaro e deciso, per due volte parla del concepimento e della nascita di Gesù per intervento dello Spirito santo, ek pnéumatos hagíou, "dallo Spirito santo" (Mt 1,18.20). Egli conferma ed esplicita questa affermazione, citando il testo greco di Isaia 7,14, dove si dice che «la vergine - parthénos - concepirà e partorirà un figlio». Sulla base dello stesso testo di Isaia, Matteo mette in relazione il concepimento verginale di Maria con il nome-identità del figlio, che «chiameranno Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,23).
    Luca afferma la stessa cosa nella scena del dialogo dell'angelo Gabriele con Maria, dove il testo di Isaia 7,14 non è citato espressamente, ma sta sullo sfondo del racconto e delle parole dell'angelo nella prima parte dell'annuncio (Lc 1,27.31). Luca spiega il concepimento verginale di Maria con la discesa dello Spirito santo su di lei e con la presenza della potenza di Dio in lei. Come conseguenza di questa presenza e azione di Dio, il figlio generato «sarà santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Anche Luca mette in relazione l'identità di Gesù "santo e Figlio di Dio" con lo Spirito santo e la potenza di Dio, presente e operante in Maria.
    Nella storia dell'esegesi i testi di Matteo e di Luca sul concepimento verginale di Gesù da parte di Maria "per opera dello Spirito santo" sono posti a confronto con i racconti "paralleli" dell'ambiente greco-romano [5], dove si parla del concepimento-nascita di eroi, re e personaggi famosi, figli dell'unione di una donna con la divinità [6]. La matrice decisamente biblica e giudaica del tessuto narrativo di Matteo rende improbabile l'ipotesi che l'autore abbia utilizzato modi di pensare e di raccontare imparentati con un ambiente religioso culturale greco-romano, considerato dagli ebrei idolatrico e depravato. Se, con il suo racconto del concepimento verginale, Matteo intende rispondere alle accuse o alle insinuazioni dell'ambiente giudaico circa la nascita irregolare di Gesù, a maggior ragione si comprende la sua presa di distanza dai racconti delle nascite prodigiose nell'ambiente greco-romano.
    Luca è più aperto ai modelli narrativi dell'ambiente profano. Nel racconto lucano della nascita di Gesù si possono intravedere alcune allusioni antitetiche alla figura e al ruolo di Cesare Augusto, che emana un editto di censimento di tutta la terra. L'angelo del Signore annuncia ai pastori la nascita di un bambino nella città di Davide, chiamato con i titoli di Cesare Augusto: kyrios e sotér (Lc 2,11). La pace cantata dall'esercito celeste a favore degli uomini amati da Dio è antitetica alla pax augustea. Invece, nell'annuncio del concepimento di Gesù da parte dell'angelo Gabriele l'ambiente di riferimento è interamente biblico e giudaico. Il tenore del racconto lucano, nel presentare il concepimento di Gesù, non lascia il minimo adito all'idea del ruolo dello Spirito santo o della potenza di Dio come "partner" di Maria nel concepimento di Gesù [8]. Sullo sfondo del testo lucano più che l'idea dell'unione tra una donna e la divinità dei racconti mitologici, sta l'idea dello Spirito di Dio creatore e del Signore che dimora nel suo santuario.
    Resta aperto l'interrogativo sul rapporto tra storia e interpretazione riguardo al concepimento verginale di Gesù da parte di Maria [7]. Sul versante della storia sta la tradizione comune, recepita da Matteo e da Luca, sull'origine irregolare di Gesù, concepito da Maria prima del matrimonio con Giuseppe (Mt) o senza rapporti coniugali (Lc). Sul versante dell'interpretazione stanno sia il testo di Is 7,14, dove si parla del concepimento della vergine, sia l'affermazione, fondata sulla fede, che Gesù Cristo "è concepito da Maria per opera dello Spirito santo". Sul piano dell'attendibilità storica non sta in piedi l'ipotesi che il concepimento verginale di Gesù, da parte di Maria, sia desunto dal testo di Isaia 7,14. Il concepimento verginale creava troppi problemi - insinuazioni, sospetti e accuse nell'ambiente giudaico e greco - per essere inventato di sana pianta. D'altra parte non c'era bisogno di pensare alla nascita di Gesù in maniera straordinaria - "concepito per opera dello Spirito santo" - per esprimere la fede nella sua identità di Messia e di Figlio di Dio, come dimostrano il Vangelo di Marco e le lettere di Paolo, che ignorano il concepimento verginale di Gesù.
    Nella tradizione biblica e giudaica il Messia non è Figlio di Dio in senso trascendente, né la sua origine è connessa con il concepimento verginale. Alcuni gruppi giudeo-cristiani, chiamati Ebioniti, pur riconoscendo che Gesù è Messia, lo considerano figlio di Giuseppe e Maria [9]. Nella diaspora giudaica, dove si vive a contatto con l'ambiente greco-romano, è estranea sia l'attesa del Messia figlio di Dio, sia l'idea del suo concepimento da una vergine, nonostante la traduzione greca di 'almâh con parthénos (Isaia 7,14), fatta ad Alessandria d'Egitto. Se il Messia, discendente di Davide, è chiamato "figlio di Dio", questo appellativo non implica né la sua divinità né il concepimento verginale. In un testo apocalittico di Qumran, imparentato con Dan 7, si dice: «Sarà chiamato figlio di Dio e lo chiameranno figlio dell'Altissimo... il suo regno sarà eterno» (4Q 246, II, 1.5 [4QpsDand). Si discute se si tratta di un personaggio umano - "figlio dell'uomo" come in Dan 7,14 - o celeste (angelo), e se gli attributi divini vanno intesi in senso positivo o negativo (idolatrico). In ogni caso, nella tradizione giudaica, la qualifica "figlio di Dio", attribuita al Messia, discendente di Davide, è interpretata in senso metaforico, come in molti testi biblici. In un altro testo di Qumran, dove si parla del Messia di Israele, si dice: «Questa è l'assemblea degli uomini rinomati, [convocati al]la riunione del consiglio della comunità, quando ge[ne]rerà [Dio] il Messia fra loro» (1QSa 2,11-12). Il testo e contesto non implicano la "generazione divina" del Messia, ma l'iniziativa di Dio per la sua manifestazione.
    Nella Bibbia sono noti i racconti del concepimento e delle nascite di alcuni personaggi grazie all'intervento straordinario di Dio a favore di coppie sterili. Questo è il caso anche di Zaccaria ed Elisabetta nel racconto lucano delle origini di Gesù. Ma non si parla espressamente di concepimento verginale. Filone di Alessandria, che interpreta in chiave allegorica alcuni racconti biblici delle nascite, parla di concepimento verginale delle virtù negli uomini saggi - rappresentati dai patriarchi -, nei quali Dio infonde il suo spirito o la sua parola (Filone, Cher 1215.40-52).
    In breve, il racconto del concepimento verginale di Gesù nei Vangeli delle origini di Matteo e di Luca si fonda sulla tradizione delle comunità cristiane, dove si esprime la fede in Gesù Cristo, Messia e Figlio di Dio, concepito mediante l'intervento dello Spirito santo. La tradizione del concepimento verginale di Gesù per opera dello Spirito santo s'innesta sulla professione di fede delle prime comunità cristiane, in cui si riconosce la sua origine dalla stirpe di Davide - Messia - e lo si proclama Figlio di Dio in forza della risurrezione dai morti per la potenza dello Spirito di Dio (cf. Rm 1,2-4).

    Nascita di Gesù a Betlemme o a Nazaret?

    I racconti di Matteo e di Luca riguardo alle origini di Gesù concordano nell'affermare che egli è nato a Betlemme di Giudea. Matteo conferma la sua affermazione, posta all'inizio della storia dei Magi e di Erode sul luogo della nascita di Gesù "Cristo", con la citazione di un testo del profeta Michea, dove si menziona Betlemme (Mt 2,1.5-6). Al testo del profeta, dove si dice: «E tu Betlemme...», l'autore del Vangelo aggiunge "terra di Giuda" (Mic 5,1). Il riferimento alla regione della Giudea compare nel seguito del dramma della famiglia di Gesù, che, dopo la fuga in Egitto, vorrebbe tornare nella terra di Israele, dove Archelao è "re della Giudea" (Mt 2,20-22). Per paura delle turbolenze, che si fanno sentire sotto il "regno" di Archelao, figlio di Erode, avvertito da un angelo del Signore, Giuseppe si ritira nelle regioni della Galilea e si stabilisce con la famiglia a Nazaret (Mt 2,22-23). Nella narrazione di Matteo la storia delle origini di Gesù, sotto il profilo geografico, è lineare: Gesù è nato a Betlemme di Giudea, dove risiede la sua famiglia, e in seguito si sposta a Nazaret in Galilea. In questo modo si spiegherebbe anche il fatto che nel Vangelo pubblico è conosciuto come Gesù "il Nazoreo" (cf. Mt 2,23).
    Più complicata è la topografia del racconto delle origini nel Vangelo di Luca. Egli fa partire la famiglia di Gesù da Nazaret di Galilea, per recarsi a Betlemme, la città di Davide, in Giudea. Il motivo di questo spostamento è un censimento indetto da Cesare Augusto che mobilita tutto l'impero, imponendo a tutti di farsi registrare nel proprio luogo di origine. Pertanto Giuseppe, che appartiene alla casa e alla famiglia di Davide, si reca a Betlemme, la città di Davide, con Maria, sua sposa che è incinta. In occasione di questo viaggio a Betlemme, Maria partorisce Gesù, non nella casa o stanza degli ospiti, ma in un luogo a parte (Lc 2,1-7). A otto giorni dalla nascita di Gesù a Betlemme, avviene la sua circoncisione, a cui segue la purificazione-presentazione nel tempio di Gerusalemme. Solo dopo avere compiuto ogni cosa secondo le prescrizioni della Legge del Signore, la famiglia di Gesù ritorna a Nazaret in Galilea (Lc 2,39).
    Il fatto che, nel Vangelo pubblico di Matte() e di Luca, Gesù sia conosciuto come originario di Nazaret e chiamato Gesù "Nazareno" o "Nazoreo" fa pensare che la sua nascita sia stata collocata a Betlemmeper ragioni di carattere apologetico o teologico, cioè per motivare o fondare la sua identità di Messia davidico. Nella tradizione biblica Davide è figlio di lesse, il Betlemmita (1 Sam 16,1.18). Davide è nato nella città Betlemme, 10 km a sud-est di Gerusalemme (1Sam 20,6). A Betlemme il giovane Davide è consacrato re da Samuele per ordine di Dio (1Sam 16,4-13). Nella regione di Betlemme risiede il clan di Efrata, da cui prende il nome la città chiamata "Betlemme di Efrata" (Gs 15,59; Mic 5,1; Cr 2,24.50, 4,4.22). A Betlemme è ambientata la storia di Rut, la moabita che, dopo la morte del marito, segue la suocera Noemi, e, sposando il betlemmita Booz, diventa l'antenata di Davide (Rt 1,2.22, 2,4, 4,11.21-22). A Betlemme, fortificata da Roboamo, re di Giuda, s'insediano alcune famiglie ebraiche, quando rientrano dall'esilio di Babilonia (Esd 2,21; Ne 7,26).
    In ambedue i racconti di Matteo e di Luca si mette in risalto il rapporto tra Betlemme, il luogo della nascita di Gesù, e il suo ruolo di Messia-Cristo, discendente davidico [10]. Nel Vangelo di Giovanni si avverte la tensione tra l'origine di Gesù da Nazaret di Galilea e la sua identità e ruolo di Messia (Gv 1,45-46; 7,40-41.52). Per sé l'identità messianico-davidica di Gesù non dipende dal luogo della nascita, ma dalla sua appartenenza al casato di Davide. Anche se Gesù è nato a Nazaret in Galilea, questo fatto non compromette la sua messianicità davidica [11].
    Matteo e Luca, che raccontano la nascita di Gesù, discendente di Davide, a Betlemme, riproducono una tradizione cristiana che non ha riscontri nell'ambiente giudaico antico. L'origine betlemmita del Messia davidico è attestata da un paio di testi giudaici tardivi [12]. Nella sua confutazione di Celso, Origene dice che i Giudei hanno tentato di reprimere la convinzione popolare che il Messia, secondo le Scritture, doveva nascere a Betlemme (Origene, Contro Celso, 1,51). A sostegno dell'attendibilità storica del racconto dei Vangeli sulla nascita di Gesù a Betlemme, Origene dice che è noto anche agli estranei alla fede quello che si mostra in quei luoghi, cioè la grotta in cui nacque e la mangiatoia (Origene, Contro Celso, I, 50). La tradizione della grotta a Betlemme è attestata la prima volta da Giustino [13]. In breve, la documentazione archeologica e storica relativa alla venerazione cristiana del luogo della nascita di Gesù a Betlemme dipende dai Vangeli delle origini di Matteo e di Luca, che a loro volta accolgono la tradizione della comunità cristiana.


    NOTE

    1 I nomi dei tre (re) Magi compaiono per la prima volta nella traduzione latina di un testo anonimo greco del V secolo: Excerpta latina Barbari, dove sono chiamati Bithisarea, Melichor e Gathaspa. I nomi tradizionali Gaspar, Mechior, Balthasar si trovano in uno scritto dell'ottavo secolo - Colectanea et flores - opera di un autore, che scrive sotto il nome di Beda il Venerabile (PL 94, 541). Gaspar, evoca il nome del re parto-indiano della dinastia degli Arsacidi, Gondophar, menzionato negli Atti di Tommaso (in siriaco, del III secolo); Melchior, di origine semitico-assira, significa: "Il mio re, è la mia luce"; Balthasar, richiama il nome dato a Daniele, Baldassàr, o quello del re Balthasar, figlio di Nabonide, che significa "Bel, protegga il re".
    2 I copisti di alcuni manoscritti avvertono la stranezza di questo lessico e correggono il testo di Lc 2,43, sostituendo l'espressione: «e i suoi genitori non sapevano», con la frase: «Giuseppe e la madre non sapevano».
    3 Con il verbo paralambànein, "prendere (con sé)", che ricorre sei volte nei primi due capitoli del Vangelo di Matteo, si esprime il ruolo di Giuseppe sia nei confronti di Maria, sua sposa, sia in rapporto alla madre e al bambino (Gesù), che egli deve proteggere dalle minacce di Erode.
    4 BOVON F., Vangelo di Luca, Paideia, Brescia 2005 [Commentario Paideia, Nuovo Testamento 3,1-2; originale tedesco 1989], I, 79-84; BROWN R.E., Il concepimento verginale, in La nascita del Messia, appendice quarta, 704-728.961-981.
    5 Il testo classico più noto e interpretato in chiave cristiana fin dal IV secolo è la quarta Egloga delle Bucoliche di Virgilio, composte tra il 42 e il 39 a.C., dove il poeta latino, che si ispira all'oracolo della Sibilla cumana - «è giunta ormai l'ultima età del canne cumano» -, annuncia il ritorno della vergine e dei regni di Saturno ed esclama: «già una nuova progenie viene mandata dall'alto del cielo». Il bambino - puer - e la nuova progenie divina, nell'ideologia imperiale promossa da Ottaviano, dopo la vittoria di Azio (31 a.C.), sono identificati con il casato di Cesare Augusto, che lo stesso Virgilio, nell'Eneide, chiama divi genus (Eneide VI,792). Anche se Virgilio conosce il nome della madre, Lucilla, e quello del padre, il console Pollione, a cui è dedicata l'Egloga, chiama il figlio «cara prole degli dei, grande rampollo di Giove» (VIRGILIO, Bucoliche, Egloga IV,49).
    6 La diceria sull'origine irregolare di Gesù - figlio illegittimo o bastardo - è tardiva, documentata a partire dai secoli II-III (ORIGENE, Contro Celso I, 28). L'interpretazione di Gv 8,41: «Noi non siamo nati da prostituzione», come implicita accusa rivolta a Gesù da parte dei Giudei, è attestata nell'apocrifo Atti di Pilato, dei secoli II-III, incorporato dal V secolo nel Vangelo di Nicodemo (primi undici capitoli): «Gli anziani degli Ebrei dissero a Gesù: "Anzitutto che sei nato da prostituzione..."» (Atti di Pilato - Vangelo di Nicodemo, II, 3-5). CHILTON B., Rabbì Jesus. A intimate Biography, Image Books Doubleday, New York 2000, imposta la biografia di Gesù sull'ipotesi della sua nascita illegittima - nato prima del matrimonio di Maria e Giuseppe - che grava come una macchia sulla sua identità, la sua vita religiosa e sociale. Secondo il diritto matrimoniale ebraico Gesù sarebbe un mamzer, "figlio illegittimo", di Maria.
    7 Nei miti egiziani sulle origini di Horus, noti e divulgati nell'ambiente greco romano - Plutarco, De Iside et Osiride - si parla di fecondazione di una donna - Iside (vergine?) - da parte della divinità (Ra' o Osiride). In uno dei "Testi dei sarcofaghi", identificato come testo teatrale, si riporta questo dialogo: Isi: «Io sono Isi, la più celebre e la più sacra delle divinità. Il dio che è in questo seno è il seme di Osiri». Atum dice: «Costei, che ha misteriosamente concepito, è una giovane che ha concepito e partorirà senza intervento di dei, realmente: è dunque davvero il seme di Osiri» (BRESCIANI E. (a cura di), Testi religiosi dell'antico Egitto, Mondadori, Milano 2001, 115-116). Plutarco, in un dialogo sulle nascite, derivate dal rapporto tra la divinità e una donna, paragona l'azione di Dio a quella del "vento-spirito" (PLUTARCO, Moralia VIII, 1,718; cf. Numa, IV,4).
    8 BROWN R.E., La nascita del Messia. Appendice IV Il concepimento verginale, cit., 720, al termine della sua pluriennale ricerca, dice che «le testimonianze bibliche controllabili scientificamente, hanno lasciato insoluto il problema della storicità del concepimento verginale», però aggiunge: «(è) più facile spiegare le testimonianze del NT postulando una base storica, anziché una credenza puramente teologica»; MEIER J.P., Un ebreo marginale, cit., 1, 222, conclude il suo paragrafo sul concepimento verginale, dicendo che «la ricerca storico-critica semplicemente non ha le fonti e gli strumenti disponibili per raggiungere una decisione definitiva sulla storicità del concepimento verginale come è narrato da Matteo e Luca».
    9 Ireneo dice che gli Ebioniti, nell'interpretazione di Is 7,14, seguono la traduzione letterale di Teodozione e Aquila, entrambi proseliti giudei, che evitano di tradurre `almâh con parthénos (IRENEO, Contro le eresie III, 21,1; cf. EUSEBIO, Hist. eccl. V, 8,10).
    10 CHILTON B., Rabbì Jesus. An Intimate Biography, 7-9.294-295, sostiene che Gesù non è nato a Betlemme di Giudea, ma a Betlemme di Galilea, a una decina di chilometri a nord ovest di Nazaret, dove abita Giuseppe (su questa Betlemme nel territorio di Zabulon, cf. Gs 19,15; Gdc 12,8-10). Questa ipotesi di B. Chilton dipende dalla sua tesi circa la nascita illegittima di Gesù.
    11 Sull'attendibilità storica della tradizione della nascita di Gesù a Betlemme gli autori hanno pareri diversi: BROWN R.E., La nascita del Messia, cit., 703, dice che «le prove a favore della nascita a Betlemme sono molto deboli»; MEIER J.P., Un ebreo marginale, cit., 1, 210, conclude che «non è possibile aver certezza su questo punto»; per BARBAGLIO G., Gesù ebreo della Galilea, 119, «la nascita di Gesù a Betlemme non è un dato anagrafico, bensì un'affermazione teologica».
    12 Talmud di Gerusalemme (Ber. Sa) e Midraš Rabbah 51 su Lam 1,16.
    13 GIUSTINO, Dialogo con Trifone 78; cf. Protovangelo di Giacomo 18,1. Secondo Girolamo sul luogo della nascita di Gesù, venerato dai giudeocristiani, l'imperatore Adriano, dopo il 135, fa costruire un tempio ad Adone, e, in seguito Elena, la madre di Costantino, la basilica cristiana (326) (GIROLAMO, Epistola 58).

    (da: Gesù il "Nazareno", Cittadella 2011, pp. 216-229)


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