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    L’antico e il nuovo nella vita cristiana


    Pastorale giovanile come apprendistato alla vita cristiana /1

    Marcello Scarpa

    (NPG 2023-03-72)

     

     
    Iniziamo in questo numero una rubrica sulla Pastorale giovanile come apprendistato alla vita cristiana. Un tema impegnativo: come evitare il rischio del “già detto”, di ripetere i soliti discorsi teorici, formalmente accurati, ma spesso disincarnati, svincolati dalla realtà? Eppure, ciò rende la sfida ancora più affascinante: non sono forse gli stessi giovani, pur fra luci e ombre, ad aver espresso al Sinodo il desiderio di essere formati, accompagnati, resi protagonisti della vita ecclesiale?[1]
    Nell’intraprendere questo cammino, nella scelta del titolo del primo numero della rubrica ci siamo lasciati ispirare dalle parole iniziali della poesia “L’aquilone” di Giovanni Pascoli:

              C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
              anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
              che sono intorno nate le viole.
              Son nate nella selva del convento
              dei cappuccini, tra le morte foglie
              che al ceppo delle querce agita il vento.[2]

    Parole familiari, che accompagnano i nostri ricordi scolastici, che richiamano l’odore del gesso sulla lavagna, il sapore di merende in aule affollate, di giochi in cortile, all’aria aperta. Parole con le quali vogliamo accompagnare la nostra riflessione: cosa c’è di nuovo, anzi d’antico, nella formazione alla vita cristiana? In quale “altrove” vivono le nuove generazioni? Quale vento agita le querce secolari della Chiesa, e quali sono le viole che spuntano “nella selva del convento dei cappuccini, tra le foglie morte”, come recitano i versi della poesia di Pascoli?

    C’è qualcosa di nuovo oggi nella vita cristiana…

    Viviamo in un tempo di rapide trasformazioni culturali, sociali, mediatiche, un «cambiamento d’epoca» che richiede un rinnovamento delle prassi ecclesiali e pastorali, per sottrarle al rischio di cristallizzarsi in forme non più comprensibili agli uomini del nostro tempo. I due anni di pandemia, che hanno segnato la vita delle persone a livello mondiale, hanno fatto maturare nella coscienza collettiva alcune consapevolezze che, riecheggiando le parole di papa Francesco,[3] hanno trovato ampio spazio sui mezzi della comunicazione sociale: “siamo tutti sulla stessa barca”, “viviamo in un mondo dove tutto è connesso”, “nessuno si salva da solo”, sono diventate espressioni comuni, purtroppo confermate dagli imprevedibili e tragici avvenimenti della guerra in Ucraina.
    All’interno di questo contesto, anche il cammino della Chiesa si è andato rivestendo di novità: papa Francesco ha aperto la stagione della sinodalità,[4] ovvero ha inaugurato il tempo dell’ascolto reciproco, dell’incontro, del dialogo, della collaborazione. Per rimanere nella metafora della poesia del Pascoli, il vento che agita le querce (= le tradizioni radicate nel tempo) della Chiesa è proprio quello della sinodalità, di cui ampiamente si scrive sulle pagine di questa rivista. Non è questa la sede per ulteriori approfondimenti sul tema; è sufficiente ricordare che l’espressione indica il “camminare insieme” di vescovi, laici, giovani, come un unico popolo di Dio. Purtroppo, dobbiamo riconoscere che per molto tempo nel campo dell’azione evangelizzatrice della Chiesa si è invece camminato per settori o ambiti separati: l’evangelizzazione, il primo annuncio, la catechesi, la pastorale giovanile, hanno viaggiato lungo binari paralleli, dialogando poco fra di loro, il più delle volte ignorandosi reciprocamente.
    È invece importante ricordare che lavoriamo tutti, ognuno secondo i propri ruoli e responsabilità, per lo stesso Signore che guida la barca dell’umanità. In un tragitto comune non si tratta di dividersi i compiti e poi agire da soli, ma di mettere insieme le energie valorizzando il contributo di tutti, perché la vita cristiana non è appannaggio di nessuna delle diverse competenze pratiche o dei vari uffici diocesani e parrocchiali, che sono tutti, invece, a servizio del popolo di Dio. Pertanto, è bene che la pastorale giovanile e la catechesi, distinte tra loro ma non del tutto separate,[5] lavorino in sinergia nel contesto della formazione dei giovani. Da un lato la pastorale giovanile non può accontentarsi di fare solo un ottimo servizio educativo, ma deve interrogarsi sull’urgenza dell’evangelizzazione;[6] dall’altro, la catechesi non può limitarsi alla nuda enunciazione dei contenuti di fede, ma deve elaborare percorsi formativi in riferimento alle esperienze di vita dei giovani.[7]

    Anzi d’antico…

    Siamo nani sulle spalle dei giganti. La celebre frase di Bernardo di Chartres mette in evidenza che qualsiasi opera di rinnovamento non fa mai tabula rasa delle conoscenze ed esperienze maturate nel passato, anzi, ne fa tesoro per svilupparle in maniera più adeguata ai nuovi contesti del presente. Senz’altro con il trascorrere del tempo la formazione cristiana dei giovani, riprendendo l’immagine della poesia di Pascoli, ha lasciato dietro di sé alcune foglie morte. Pensiamo al fallimento del catechismo per i giovani, che aveva come meta finale dell’itinerario in dieci capitoli l’incontro con Gesù: nonostante lo stile narrativo dei discorsi formativi, l’orizzonte di comprensione del testo era quello di trasmettere dei contenuti dal punto di vista antropologico, biblico, kerigmatico, cristologico. Tutto ciò non ha intercettato le dinamiche esperienziali delle nuove generazioni, più sensibili al mettersi in gioco, fin da subito, nella realtà concreta della vita. Infatti, i giovani preferiscono più i “sapori” che i “saperi”, «vogliono toccare con le loro mani, […] si fidano solo della loro esperienza»[8] personale, pertanto questo è il tempo propizio per far “gustare” loro la bellezza della vita cristiana.
    Inoltre i giovani, similmente a quanto il poeta G. Pascoli dice di sé, vivono “altrove”. Troppo facilmente siamo portati a dare per scontato che i giovani che frequentano gli ambienti ecclesiali abbiano dimestichezza con il Vangelo e conoscano i nuclei essenziali della fede cristiana. In realtà, come confermano le indagini sociologiche, i giovani evidenziano una povertà della conoscenza dei contenuti di fede «sproporzionata rispetto al tempo passato al catechismo e agli anni di formazione».[9] Si avverte, perciò, l’urgenza di rigenerare la fede e di introdurre alla vita cristiana tanti giovani per i quali i sacramenti dell’iniziazione cristiana sono stati l’addio, e non l’avvio, al cammino di fede.
    Ma cosa vuol dire iniziazione cristiana? L’antica prassi del catecumenato, ripristinata dopo il Concilio Vaticano II, si rivolgeva ai convertiti non battezzati e si strutturava come un complesso organico e graduale per iniziare alla fede e alla vita cristiana. Proprio perché si rivolgeva a chi doveva essere introdotto (=iniziato) al cristianesimo, oggi lo stile del catecumenato «può anche ispirare la catechesi di coloro che, pur avendo già ricevuto il dono della grazia battesimale, non ne gustano effettivamente la ricchezza: in questo senso, si parla di ispirazione catecumenale della catechesi o catecumenato post-battesimale o catechesi di iniziazione alla vita cristiana» (DC 61).

    L’iniziazione cristiana

    Il tema dell’iniziazione cristiana è vasto e complesso e può essere affrontato da diversi punti di vista. In riferimento ai soggetti, «si può parlare di tre proposte catecumenali: – un catecumenato in senso stretto per i non battezzati, sia giovani e adulti sia bambini in età scolare e adolescenti; – un catecumenato in senso analogico per i battezzati che non hanno completato i sacramenti dell’iniziazione cristiana; – una catechesi d’ispirazione catecumenale per quanti hanno ricevuto i sacramenti di iniziazione, ma non sono ancora sufficientemente evangelizzati o catechizzati, o per quanti desiderano riprendere il cammino della fede» (DC 62). In particolare, dal punto di vista metodologico, «la catechesi di iniziazione alla vita cristiana è un itinerario pedagogico offerto nella comunità ecclesiale che conduce il credente all’incontro personale con Gesù Cristo attraverso la Parola di Dio, l’azione liturgica e la carità, integrando tutte le dimensioni della persona, perché cresca nella mentalità di fede e sia testimone di vita nuova nel mondo» (DC 65). Pertanto, è necessario considerare l’iniziazione cristiana come un processo di inserimento nella vita di fede, come un vero e proprio “tirocinio” o “apprendistato di vita cristiana”.[10]
    Dobbiamo invece riconoscere che per molti anni la Chiesa ha pensato la vita cristiana come un momento meramente applicativo della “dottrina”, sottovalutando la dimensione intrinsecamente formativa della prassi. Invece, bisogna aiutare il giovane ad «uscire dalla dimensione cognitiva (nella quale solo parzialmente si riconosce) per agire con tutto se stesso (corpo incluso)»,[11] per fare esperienza «pratica della fede, in cui si apprende quell’amore “in perdita” che si trova al centro del Vangelo e che è a fondamento di tutta la vita cristiana».[12]
    Se vogliamo evitare il rischio di educare i giovani pensandoli solo secondo la loro dimensione cognitiva, dobbiamo far vivere loro esperienze significative che fanno “toccare” la verità del Vangelo, come incontro con il Mistero. Nel nostro percorso comprenderemo l’iniziazione cristiana come un tempo in cui il “vivere” precede la “spiegazione”, come un tempo esigente, che mette alla prova (nel senso di far sperimentare) e permette ai giovani di sentirsi membri di una comunità che vive e celebra la stessa fede.[13]

    Percorsi di rigenerazione alla vita cristiana

    Consapevoli che qualsiasi proposta pastorale non può mai essere completa ed esaustiva, nei prossimi numeri della rubrica seguiremo la traccia di un percorso per la rigenerazione della fede nei giovani (le “viole” della poesia di Pascoli), che valorizza la dimensione esperienziale dei giovani. Si tratta di un percorso di re-iniziazione alla fede cristiana che si articola in due parti. La prima parte, più teorica, è composta da queste pagine su L’antico e il nuovo nella vita cristiana, a cui seguirà un articolo sulle parole di papa Francesco che “annunciano” la possibilità di una vita diversa, perché saldamente ancorata al vangelo. Nella seconda parte proporremo alcune esperienze che possono aiutare i giovani a comprendere la fede dal di dentro, come una full immersion vitale da cui uscire rinnovati. Metteremo i giovani a contatto con la Scrittura (n. 3), con il linguaggio liturgico (n. 4), con quello della carità (n. 5), della custodia del creato (n. 6) e con le responsabilità della vita adulta (n. 7) e della missione (n. 8).
    Di seguito, una tabella riassuntiva delle tappe del percorso di rigenerazione alla vita cristiana:

    Titolo Rubrica:
    Pastorale giovanile come apprendistato alla vita cristiana

    L’antico e il nuovo nella vita cristiana
    Le parole di papa Francesco: annuncio di vita nuova
    A contatto con la Scrittura: il bibliodramma
    La pratica del linguaggio liturgico: la marcia della pace ad Assisi
    L’abbraccio con i poveri: la comunità di s. Egidio
    A contatto con la Natura: i circoli Laudato si’
    Pedalare verso la vita adulta: l’impresa ciclistica dell’MGS del Triveneto
    Donare ciò che si è ricevuto: la missione nei pub cittadini

      

    NOTE

    [1] Cfr. Sinodo dei Vescovi/XV Assemblea Generale Ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Instrumentum laboris, Città del Vaticano, 19 giugno 2018, n. 144.
    [2] G. Pascoli, L’Aquilone, in: Vita, poetica, opere scelte, Edizioni Sole 24 Ore, Milano 2008, p. 310.
    [3] Cfr. Papa Francesco, Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, Città del Vaticano, 27 marzo 2020.
    [4] Cfr. D. Vitali, «Un popolo in cammino verso Dio». La sinodalità in Evangelii gaudium, San Paolo, Milano 2018, p. 32.
    [5] Cfr. G. De Nicolò (a cura di), Pastorale giovanile e catechesi. Intervista a Emilio Alberich, in: “Note di Pastorale giovanile” 40 (2006) 3, pp. 4-13.
    [6] Cfr. R. Tonelli – S. Pinna, Una pastorale giovanile per la vita e la speranza. Radicati sul cammino percorso per guardare meglio verso il futuro, LAS, Roma 2011, p. 14.
    [7] Cfr. Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Direttorio per la catechesi (=DC). Guida alla lettura di Rino Fisichella, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2020, n. 253.
    [8] A. Castegnaro, C’è campo?, in: Osservatorio Socio-Religioso Triveneto, C’è campo? Giovani, spiritualità, religione (a cura di A. Castegnaro et Alii), Marcianum Press, Venezia 2010, 602.
    [9] P. Bignardi, Conclusione, in: R. Bichi – P. Bignardi (edd.), Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Vita e Pensiero, Milano 2015, p. 176.
    [10] Cfr. G. Morante, L’iniziazione cristiana dei giovani: una sorta di catecumenato pastorale del battesimo. L’esempio italiano, in: H. Derroitte (ed.), Catechesi e iniziazione cristiana, LDC, Leumann (TO) 2006, p. 131.
    [11] G. Mari, Giovani e profezia della fede, in: “Rivista Lasalliana” 85 (2018) 1, p. 78.
    [12] Sinodo dei Vescovi/XV Assemblea Generale Ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento Finale, Città del Vaticano, 27 ottobre 2018, n. 137.
    [13] Cfr. F. Prost, Nel sud della Borgogna, i primi passi di un modello iniziatico, in: H. Derroitte (ed.), Catechesi e iniziazione cristiana, p. 167.


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