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    Sussidio per camposcuola con adolescenti (seconda parte)

    (NPG 1983-06-39)


    Continua dal numero di maggio. Ricordiamo i due precedenti capitoli del sussidio: 1. Vorrei capirmi; 2. Mi ha salvato la fede.

    3. Ti affido la terra

    IL TEMA

    Essere maturi è passare dalle parole ai fatti.
    Non basta fare affermazioni più o meno generiche sui principi o ideali, ma è necessario «incarnare» questi ideali nella pratica di vita: è una scelta che chiama in gioco la nostra libertà.
    Dimostriamo di essere maturi quando impariamo ad essere liberi. E siamo liberi quando decidiamo di fare di noi e della nostra vita una risposta d'amore.
    «La maturità non avviene sulle rovine delle nostre tendenze. Queste sono cosa nostra, sono buone, entrano nella nostra personalità. Non si tratta di distruggerle, ma di organizzarle sulla base dell'amore affinché servano a realizzare la nostra vocazione personale. In ultima istanza, il cristianesimo è riordinare i nostri valori sulla base dell'amore. L'amore è il cardine della nostra vita, che fa maturare la nostra libertà...» (S. Galilea).
    A volte, però, non siamo capaci di organizzare i valori attorno al polo dell'amore. Cosa accade, allora, di valori come il benessere, la vita, l'amicizia, la famiglia, lo sport, le scoperte scientifiche?
    Senza la fecondità dell'amore rischiamo di diventare assoluti che creano divisione tra gli uomini e dissociazione all'interno della stessa persona, confusione, rimorsi e scontentezza, in ogni caso senso di infelicità.
    Ognuno di noi è chiamato a fare scelte ben precise, capaci di compromettere la vi ta, di farla uscire dal piano della genericità, del pessimismo, del conformismo La propria realizzazione è possibile solo se affronteremo la fatica di donarci ii maniera personale ed intelligente.
    Per far questo è necessario conquistarsi delle convinzioni, frutto dell'interiorizza zione dei valori e del loro esercizio continuo a servizio della propria ed altrui per sona.
    «L'immaturità consiste nel dire una cosa e nel farne un'altra. La maturità, invece nella coerenza coi propri valori, nella interiorizzazione e assimilazione in rappo• to all'azione» (S. Galilea).

    TESTIMONIANZE

    Libertà, mia libertà

    Negli anni del '68, ci si batteva civilmente, contro una classe politica ottusa, incapace di risolvere le questioni sociali, che riguardavano sia noi giovani, sia tutte le altre generazioni. Allora si protestava contro l'emarginazione giovanile, contro l'inquinamento ecologico, contro il trattamento del problema droga (invece di aiutare i tossicomani, le leggi punivano questi poveri ragazzi), si combatteva per una scuola migliore, si protestava contro il razzismo, espresso in tutti i suoi crudeli aspetti, da molti governi, contro regimi di stato che opprimevano le libertà dei popoli, insomma c'era un grande interesse politico e sociale per questi e altri problemi. Oggi purtroppo siamo disinteressati a parlare di quello che ci accade intorno, a combattere le ingiustizie che subiamo; trascorriamo il nostro tempo libero a occuparci solo di cose prive di contenuto sociale, umano e ideologico. Preferiamo vedere films di Pierino, films idioti che fanno ridere per non far piangere, siamo attratti da programmi televisivi, come i cartoni animati giapponesi, che non solo attraggono i ragazzi di 12 o 13 anni, ma persino noi giovani di 18 anni.
    Trascorriamo ore e ore, a giocare con i video games, arricchendo con i nostri soldi chi produce e chi gestisce queste macchinette, che richiedono abilità e niente cervello. Nei nostri incontri, parliamo delle nuove mode da seguire, per imitare qualche personaggio o gruppo musicale, per poi vantarci di qualche stupida o falsa nostra metamorfosi, tralasciando il valore musicale di quell'artista, parliamo di sesso, tanto per dire volgarità o per farci credere dagli altri dei grandi seduttori. Questa mia protesta non vuole essere faziosa, ma vuole essere come un piccolo incitamento per far sì che noi giovani ci si interessi di più alla vita sociale (da Ciao 2001 n. 31/82).

    Essere stanchi a 18 anni
    (È la lettera di Angela di Pordenone a Dimensioni Nuove n. 5/82, p. 1).

    RICERCA PERSONALE E DI GRUPPO

    ^ Alcune domande a cui rispondere insieme:
    - Cosa pensate della lettera di Ciao 2001?
    È vero ciò che dice sul disinteresse e il disimpegno?
    Perché i giovani sono così?
    - Qual è il pensiero di Angela nei riguardi della vita? C'è qualche differenza nei riguardi della precedente lettera?
    - Cosa significa la «chiamata della società»?
    - Quali difficoltà incontra chi inizia una vita «impegnata»?
    Avete delle esperienze nell'ambito scolastico?
    - Condividi quanto è detto da Angela, che i 15 anni sono un «mondo protetto»?
    ^ Può essere fatta una tavola rotonda con persone impegnate socialmente; o un incontro con un missionario che parli delle sue scelte vocazionali e del senso del suo servizio.

    APPROFONDIMENTO

    ^ La «meditazione» che segue, letta e meditata con calma, discussa attraverso la pista di approfondimento, può essere una presa di coscienza della vocazione al dono e all'amore di ogni giovane.
    Dipende da te!
    Che ogni giorno sorga il sole,
    che ad ogni crocicchio canti l'amore.
    Che il tuo compagno non perda la speranza,
    che l'operaio lavori con gioia.
    Che lo straniero sia rispettato.
    Che i tuoi divertimenti portino gioia.
    Che i ragazzi e le ragazze
    si amino di vero amore:
    dipende da te.
    Sei tu che fai il sole,
    sei tu che fai il vento.
    Esci dal tuo torpore,
    non essere indifferente.
    Tuo fratello ha bisogno di te,
    il mondo è senza amore
    Dio ti chiama con la loro voce,
    nella tua vita tutti i giorni.
    Che soffi il vento fresco quando fa caldo,
    che la tua presenza porti la pace.
    Che la giustizia scorra come l'acqua,
    che tu possa udire la loro parola.
    Che il povero abbia il suo riso e il suo pane,
    che ogni creatura possa sfamarsi in pace.
    Che Cristo sia per tutti un amico,
    che ogni giorno possano essere uniti in Dio:
    dipende da te.
    Rimane molto, molto da fare.
    Ma noi costruiremo il domani
    lavoratori, amici, fratelli
    un nuovo mondo fatto con le nostre mani. Perché la forza nostra
    non sta nel denaro
    ma nella nostra amicizia.
    Il tuo domani dipende da te,
    oggi.
    ^ Domande a cui rispondere assieme:
    - Fin'ora ho provato a sentirmi utile agli altri? L'ho fatto solo saltuariamente o con i più simpatici?
    - Quale è la ragione per cui affronto l'impegno o una responsabilità o mi astengo dal prenderli?
    - il mettermi in mostra? essere gratificato?
    - avere successo? essere apprezzati?
    - desiderio di servire gli uomini?
    - Quali sono i difetti più frequenti che si manifestano nel mio impegno: incostanza, timidezza, genericismo, non preparazione, mancanza di amore, sfiducia nella bontà dell'impegno?
    - Sento il bisogno di un gruppo che viva i miei stessi ideali e mi sorregga nelle difficoltà?

    IN ASCOLTO. IL DONO DELLA TERRA PROMESSA

    «Possediamo una terra nostra! Questa è la nostra terra...!».
    Non sembrava vero agli scampati dalla schiavitù di Egitto poter avere una terra tutta per sé, in cui poter vivere con libertà e in pace.
    Ma la pace e la libertà non sono un regalo che possa essere conservato passivamente. Per mantenerle sono necessari: impegno, responsabilità e partecipazione. E invece accadde che si impose un'altra mentalità: quella dell'individualismo, corretto soltanto quando tempi in tempi drammatici tutti si davano da fare per arginare le incursioni e le guerre dei popoli vicini.
    Ma un po' alla volta neppure davanti a fatti gravi ci si scompose più: si pensava che toccava agli altri preoccuparsene.
    Erano caduti in una specie di fatalismo assurdo che serviva solo a non cambiare le cose. E da cambiare c'era molto! L'ingiusta ripartizione dei beni, i ricchi profittatori, il malgoverno, la speculazione, la cattiva amministrazione della giustizia, una larghissima fascia di poveri ed emarginati... queste alcune delle piaghe che mettevano sempre più in pericolo la pace e la libertà del popolo.
    Tra il popolo, però, Dio suscitò uomini che sollecitavano alla responsabilità e all'impegno. Erano i profeti. Essi soprattutto denunciavano il comportamento incoerente di coloro che abbinavano alla religione una vita scandalosa. «Io detesto le vostre feste, non gradisco le vostre riunioni» (Amos 5). «Potrò io giustificare le false bilance e le ricchezze ingiustamente accumulate?» (Michea 6).
    I profeti ricordavano continuamente che Dio ha affidato all'uomo la terra con tutti i suoi doni perché l'uomo la faccia diventare un giardino. Solo a questo prezzo si realizza la pace e la libertà.
    «Il Signore mi ha plasmato fin dal seno materno
    per riunire Israele
    per portare la salvezza
    fino all'estremità della terra» (Is 19).
    Dobbiamo convincerci che questa pratica umile e dolorosa della responsabilità e dell'impegno è l'inizio del futuro che Dio vuole creare per tutti; convincerci che questa è la missione che Dio chiede a noi, cercare di esprimere tutto ciò in un progetto concreto e attuabile, che assuma la responsabilità della storia, avere la coscienza che la realizzazione di questo progetto avrà una ripercussione nella società e sarà un segnale e una luce anche per quelli che non appartengono alla comunità.
    Dunque Dio ha dato al suo popolo la terra, ha dato agli uomini un mondo pieno di cose perché le facciamo fruttare.
    Il modo migliore per rovinare tutto è accumulare per sé.
    Il modo migliore per far crescere è condividere.
    La vita di ognuno di noi si gioca su questa decisione.

    LA PREGHIERA

    Preghiera dai quartieri poveri di Buenos Aires
    Signore, perdonami, perché io mi sono abituato ad andare nei quartieri poveri; io posso andarmene di nuovo, ma loro no.
    Signore, perdonami, perché io mi sono abituato al puzzo degli scoli; io posso allontanarmene, ma loro no.
    Signore, perdonami, perché io posso accendere la luce, ma dimentico quelli che non lo possono fare.
    Signore, perdonami, io posso fare uno sciopero della fame, ma loro no, perché essi sono già sempre affamati.
    Signore, perdonami, io devo dir loro che l'uomo non vive di solo pane, ma non metto tutto il mio impegno perché essi abbiano il pane quotidiano. Signore, io voglio amarli, ma non per me.
    Signore, io sogno di morire per loro, ma tu aiutami a vivere per loro. Signore, io voglio essere con loro, quando verrà l'ora della Luce. (Padre C. Mugica, assassinato 1'11.5.74).


    4. Non ogni male...

    IL TEMA

    Ognuno di noi si fa, anche inconsapevolmente, un progetto che, sicuramente, è indirizzato alla felicità: riuscire nello studio, trovare un lavoro adatto, avere amici, star bene in salute, poter disporre di danaro per realizzare i propri desideri, avere libertà, trovare una ragazza o un ragazzo con cui fare un cammino... e sentirsi in comunione.
    Può accadere, ad un certo punto, che qualcosa si rompa, che il progetto non possa essere realizzato come stabilito: un fallimento nello studio, la disoccupazione che avvilisce, l'incidente che compromette la salute e che allontana gli amici, la ragazza che ti abbandona nella sofferenza più nera, i genitori limitati culturalmente...
    Improvvisamente tutto si azzera, tutto riparte daccapo.
    Siamo stati «spiazzati» nei nostri progetti e nelle nostre sicurezze. Quello che avevamo messo come condizione della nostra felicità, è caduto, e con esso è compromessa anche la felicità che ci stava a cuore.
    Spesso capita che sono le delusioni personali a farci «franare»: abbiamo sbagliato e crediamo che sia venuta meno la stima degli altri; stentiamo a riprenderci da una serie di cadute e pensiamo di essere ormai condannati a restare a terra; non accettiamo in noi qualcosa del nostro carattere che fa soffrire noi e ci allontana un po' dagli altri...
    In questi momenti la vita diventa nera: non riusciamo più a capire perché di quelle sofferenze, che scopo abbiano: cosa ci può insegnare una delusione nell'amicizia? o un fallimento scolastico? o una malattia seria?...
    È allora che la nostra mente fa domande mai prima formulate e cerca risposte mai prima richieste.
    «Mi ci sono voluti quasi nove anni per riuscire ad accettare la mia situazione» diceva un giovane costretto da un incidente chirurgico a vivere su una sedia a rotelle.
    Che senso hanno questi colpi che mettono in evidenza i nostri limiti, che ci amputano la nostra già ridotta libertà?
    È colpa di qualcuno?
    O dietro a questi strani ed assurdi momenti sta una chiamata all'essenzialità, a sfrondare la vita di tutto ciò che è ingombrante e nasconde il fallimento? In una piccola pubblicazione in cui viene narrata l'esperienza di una decina di giovani che sapevano di morire per una grave malattia, l'autore che ha raccolto le loro testimonianze ha scritto: «La malattia è stata una sorta di corso accelerato alla maturazione del loro rapporto con se stessi e con la realtà». Il dottor Frankl cita alcuni brani di lettere di carcerati della Florida: «Ho trovato il senso della mia vita qui in prigione».
    E un altro: «Nella prigione si offrono continue possibilità di mettersi a servizio, crescendo così al di sopra di se stessi. Quasi potrei dire di essere più felice di prima».
    Un terzo: «Come è vero che anche nella sofferenza è possibile trovare un significato... In un certo qualmodo la mia vita è iniziata adesso».
    Tutto questo apre un vasto orizzonte ai nostri momenti deprimenti, ma a quale condizione è possibile aprirsi a questo sguardo di speranza?
    Ci riusciamo sempre?
    Che effetto hanno su di noi le situazioni di fallimento?

    TESTIMONIANZE

    Sono stata bocciata

    Paola è venuta a trovarmi questa mattina. Ha gli occhi rossi, il viso tirato, le occhiaie profonde. Quando è in forma si capisce che è una ragazza carina, ma ora non lo è poi tanto, perché ha il volto e i capelli trascurati. Anche il suo abbigliamento non è curato. E chiaro che le è accaduto qualcosa: ma stenta a parlarne.
    Allora Paola. Dimmi cosa ti tormenta.
    «Magari tu la consideri una cretinata, visto che si rivolgono a te tante ragazze con problemi grossi come la droga, ecc. Ma io sono ugualmente in crisi: sono stata bocciata. E adesso non metterti a ridere, per favore».
    E perché dovrei? Non è affatto una cretinata, Paola. È una cosa seria. Spiegami com'è successo.
    «Agli esami di terza media. Sì, avrei finito le medie quest'anno. Non sono mai stata molto brava a scuola, devo dire la verità, e non ho mai neppure studiato molto. Studiare mi annoia. Però per gli esami mi ero preparata bene e contavo di farcela. I professori, invece, l'hanno pensata diversamente. Forse ho studiato troppo, e troppo in fretta, non so. Comunque non me l'aspettavo, e ti confesso, che sono entrata in crisi. Mangio poco, e neanche uscire nel pomeriggio con le amiche mi attira più. Non riesco a reagire. Per questo ho chiesto aiuto a te».
    I tuoi genitori come l'hanno presa?
    «Oh, i miei genitori sono tipi all'antica. Si sono arrabbiati moltissimo. Temevo quasi che mi picchiassero. Poi per la promozione mio padre mi aveva promesso il motorino e così, niente. Mi sono presa pure una bella ramanzina, mi hanno proibito di andare in pizzeria con gli amici per un mese intero eccetera. Ma devo dire che, sinceramente, non ne avrei neppure voglia. Sai, Dolly, non credevo che essere bocciati fosse così terribile. Pensavo che fosse una cosa superabilissima. Invece è peggio di quanto credevo». (Dolly 196/1982).

    Cosa direi a una ragazza handicappata

    Domanda - Lei balla divinamente. Ad una ragazza handicappata, immobilizzata sulla sua sedia a rotelle, cosa direbbe?
    Risposta - (Ci pensa con intensità, poi...) Di sentirsi importante. Nella vita dobbiamo pensare, capire per cosa siamo stati creati. Per lei essere su una sedia a rotelle vuol dire che Dio la chiama a dare agli altri qualcosa della sua esperienza, a sopportare il suo dolore per gli altri. Non è molto differente da come io sopporto per esempio la fatica, i veri dolori che sono propri della mia professione. Ed è soltanto capendo questo, cioè che Dio vuole che faccia la ballerina, che ho trovato la forza di superare le difficoltà, la costanza dell'allenamento, i dolori fisici e non fisici che ne derivano. Dunque l'importante è capire cosa Dio vuole da te, che sei importante, e sfruttare per il bene la tua sofferenza.
    (Intervista a Liliana Cosi, Mondo Erre 2/82, p. 11).

    Mi sento portatore di umanità
    (La storia di Patrick Segal, un fotoreporter sulla sedia a rotelle, Mondo Erre 4/82, p. 16ss.).

    LAVORO PERSONALE E DI GRUPPO E APPROFONDIMENTO

    ^ Ogni volta che si parla di crisi, si parla di sofferenza. Infatti, chi è in crisi vive un momento di insicurezza, non ha punti di riferimento, ha problemi ma non risposte...
    Queste esperienze hanno un senso?
    Servono solo a far soffrire?
    Cerchiamo di leggere alcuni tipi di crisi oggi vissute:
    - la crisi di un adolescente,
    - la crisi della nostra società,
    - e la crisi di chi è malato, di chi ha avuto un insuccesso.
    Che significato hanno per chi le vive?
    A quale condizione hanno anche un germe di positività?
    ^ Per la crisi di un adolescente: cf U. De Vanna, Area verde, LDC, p. 107 ss.
    - Forse hai avuto «rivolte» in famiglia e rimangono ancora delle tensioni. Riesci a vedere in questo una crisi feconda? Perché? A quale condizione?
    - Ha senso alla tua età la crisi di fede? Cosa significa? A quale condizione è feconda?
    ^ Per la crisi della nostra società: cf C. Nanni, La crisi della grande promessa nel nostro tempo, in Note di Pastorale Giovanile, 4/82, p. 45-54).
    - Il brano testimonia una situazione sociale di crisi. Sono state dette le cause della crisi. Ti rendi conto della crisi? Ti preoccupa? Perché?
    - C'è un aspetto positivo in questa situazione? Quale?
    - Pensi che la fede abbia qualcosa da dire a chi vive questa situazione?
    ^ Per la crisi della sofferenza e delle malattie, cf le testimonianze citate.
    - Quale è il modo di reagire di queste persone di fronte all'insuccesso?
    - Cosa significa la fede in una situazione di sofferenza?
    ^ Si possono esprimere i contenuti delle tre aree di crisi attraverso delle scenette o dei mimi.

    IN ASCOLTO. L'ESPERIENZA DELL'ESILIO

    A Babilonia regnava la disperazione e il terrore tra gli abitanti di Giudea e Gerusalemme: vi erano stati deportati dal Re Nabucodonosor (nel 586) ed erano adoperati come schiavi nelle case dei capi.
    La gente era perplessa. Si chiedeva come era potuto accadere questo. Era in crisi la loro fede: possibile che il loro Dio fosse inferiore agli dèi di Babilonia? Dio che aveva liberato i loro antenati dalla schiavitù di Egitto, come mai si era mostrato inerte in questa occasione?
    Il popolo non si dava pace.
    Cercava spiegazioni, ma non ne trovava.
    Alcuni si allontanarono da Dio, perché non c'era più nessuna speranza (Lamentazioni 3).
    Altri continuavano a chiedersi la ragione di questa situazione in cui si trovavano: senza terra, senza libertà e senza pace.
    Altri ancora maledicevano i loro nuovi padroni augurando loro la stessa sorte che era toccata a Gerusalemme.
    Tra quei deportati c'era un uomo di fede, Ezechiele.
    Egli aiutò il popolo a capire la realtà.
    In quello che stava succedendo essi videro un richiamo di Dio a una nuova qualità di vita. Dio non è uno che sta a guardare: Dio fa progredire la storia e con essa gli uomini. Perciò li guida, li sollecita, li richiama anche attraverso vicende umane tragiche e tristi: una guerra, la crisi del petrolio, la morte di un ragazzo drogato, una malattia, una ribellione in famiglia, una fuga da casa, la rottura di un affetto...
    «Dio guida l'uomo alla sua pienezza di vita alimentando costantemente la sua tensione vitale, offrendogli la possibilità di vivere ogni situazione, favorevole o meno, in modo da crescerne come persona umana. Dio non si sostituisce alle cause concrete, le suscita; non supplisce l'amore umano, lo alimenta» (C. Molari). Chi ha fede può riconoscere anche in quei fatti il segno della guida di Dio. Dietro ad ogni insuccesso dovuto a colpe proprie o di altri, nascosta da calamità naturali, spesso legata a lacrime e grida di ribellione, c'è una radice di speranza.
    Il popolo disperso in Babilonia capì questo: comprese il piano di Dio e gradualmente si aprì alla speranza, perché Dio era capace di ridare vitalità anche alle cose morte (Ez 37).

    LA PREGHIERA

    ^ Suggeriamo l'utilizzo del Salmo 125 (Il Signore farà grandi cose per noi), con il canto di P. Comi, Spirito di Dio, vieni! (Ez 37,1-14).
    ^ Si può anche tentare di tradurre in preghiera la riflessione che segue.
    «Cosa significa essere colpito dalla grazia?
    Non significa che improvvisamente crediamo che Dio esiste o che Gesù è il Salvatore o che la Bibbia contiene la verità (...).
    La grazia non significa semplicemente che facciamo dei progressi nel nostro autocontrollo morale, nella lotta contro la società.
    Il progresso morale può essere il frutto della grazia ma non è la grazia vera e propria, e può addirittura impedirci di ricevere la grazia (...).
    La grazia ci colpisce quando siamo oppressi da grande dolore e irrequietezza. Ci colpisce quando attraversiamo la valle oscura di una vita insignificante e vuota.
    Ci colpisce quando avvertiamo che il nostro isolamento è più profondo del solito, perché abbiamo violato un'altra vita.
    Ci colpisce quando il disgusto per noi stessi, la nostra indifferenza, debolezza, ostilità, e mancanza di una direzione e della padronanza di noi stessi ci sono divenuti intollerabili.
    Ci colpisce quando, un anno dopo l'altro, la sognata perfezione della vita non compare, quando gli antichi impulsi ci dominano come è accaduto per anni, quando la disperazione annienta tutta la gioia e il coraggio.
    Talvolta, in quel momento, un raggio di luce si fa strada nelle nostre tenebre ed è come se una voce dicesse: Sei accettato, accettato da ciò che è più grande di te e il cui nome non sai.
    Ora non chiedere il nome: forse lo scoprirai più tardi.
    Ora non cercare di far nulla; forse più tardi farai molto.
    Non cercare nulla, non compiere nulla non proporti nulla.
    Semplicemente accetta il fatto che sei accettato!».
    Se ci capita una cosa del genere ci è data l'esperienza della grazia.
    Dopo una tale esperienza può darsi che non siamo migliori di prima e può darsi che non crediamo più di prima ma tutto è trasformato.
    In quel momento la grazia vince il peccato e la riconciliazione getta un ponte sull'abisso dell'isolamento (...).
    In quel momento proviamo l'esperienza della grazia, la grazia miracolosa della riconciliazione della vita con la vita».
    (P. Tillich)

    UN ESEMPIO DI UTILIZZAZIONE

    Pensiamo utile presentare come si è svolto giorno per giorno il campo scuola di Cortona, e come è stato utilizzato il materiale del sussidio.

    1° giorno: «Vorrei capirmi»
    Mattino: introduzione iniziale: lettura individuale delle testimonianze e discussione in gruppo sulle impressioni di ognuno; lettura e commento dell'approfondimento tratto da Sovernigo.
    Pomeriggio: diapositive «Il punto»; discussione: ci sono modi diversi di leggere la realtà, la stessa realtà.
    In gruppo: discussione sugli atteggiamenti di fronte alla propria realtà. Le risposte venivano date con l'aiuto dei «sintomi» tratti da Sovernigo.
    Il gruppo alla fine tentava di formulare il «Credo dell'uomo» secondo quanto elaborato; lo stesso «Credo» veniva poi recitato durante la preghiera.
    Dopocena: il gioco dei «ruoli scambiati».
    Ogni giorno si è proposto uno dei test «La tua personalità» tratti da Mondo Erre, 2/82, pag. 21-40.

    2° giorno: «Mi ha salvato la fede»
    Mattino: i gruppi di lavoro hanno discusso la tematica proposta soprattutto utilizzando l'articolo «Quale fede, quale Dio» (Dimensioni Nuove 5/82, p. 4-9) e le diapositive LDC «Chi mi salverà».
    Pomeriggio: la proposta positiva sul Dio come è presentato dalla Bibbia.

    3° giorno: «Ti affido la terra»
    Mattino: l'intervento di un amico missionario ha permesso di riflettere sulle scelte vocazionali di ogni persona e sul suo impegno di servizio.
    Pomeriggio: riflessione a gruppi e preparazione dell'Eucaristia, con ogni gruppo che prepara un servizio specifico: i canti, l'atto penitenziale, le letture, l'accoglienza, la preghiera universale, ecc.
    La celebrazione dell'Eucaristia ha sottolineato di continuo l'impegno di Cristo per realizzare le sue scelte (e la volontà del Padre), e che chiede anche a noi che partecipiamo al suo Corpo di fare la stessa strada.

    4° giorno: «Non ogni male...»
    Alla sera, durante il tempo della preghiera, ogni gruppo ha presentato delle recite o mimi su quanto era stato espresso.
    Il gruppo delle crisi adolescenziali ha mimato una versione moderna della parabola del figliol prodigo (la crisi tra padre e figlio alla fine è risultata maturante per entrambi); il gruppo della crisi per insuccesso ha presentato (elaborato da loro e in forma di preghiera) la sequenza «Albero» della serie di diapositive «Flash»; il gruppo delle crisi sociali ha tentato di esprimere in forma mimica il significato delle crisi attuali della società.
    Ogni esperienza è stata intercalata dal canto.
    All'inizio era stata letta la pagina di Ezechiele che riporta l'esperienza del popolo in esilio.

    5° giorno: «Da chi andremo?»
    E stata presentata la figura di Gesù: in Lui sono ricapitolate le varie esperienze del popolo di Dio (che sono anche quelle di ogni uomo), da Lui sono state vissute in maniera umana e significativa, salvifica.
    La nostra storia è Storia di Salvezza perché in Gesù si rivela il progetto del Padre. Gesù è l'ultima parola sulla vita dell'uomo.
    Riportiamo gli avvenimenti di questa giornata come modello di preparazione e celebrazione dell'Eucaristia.
    Ad ogni gruppo è stato affidato un tema su Gesù:
    - il messaggio di Gesù (Mt 5-7);
    - cosa faceva Gesù (= chi è) (Mt 8-9,34);
    - come entrare nel Regno (= come realizzare in pieno la vita) (Mc 8,34-10,52). Ad ogni componente del gruppo veniva affidato qualche versetto, in modo che gli stessi versetti fossero spunto di riflessione per due ragazzi.
    All'inizio riflessione singola per circa mezz'ora, poi in confronto col compagno che aveva lo stesso brano; e infine la riunione di gruppo in cui è stata preparata la liturgia notturna. La liturgia è iniziata alla mezzanotte attorno a un piccolo fuoco, all'aperto. Voleva somigliare a un piccolo gruppo di amici che si ritrovano insieme e cercano di «raccontarsi» Gesù (come si pensa avranno fatto nei primi tempi gli apostoli). Dopo il canto iniziale, il saluto e la preghiera, ogni gruppo ha cominciato a «narrare» Gesù come se fosse un testimone dei fatti, con gli animatori che riunivano le domande e provocavano le risposte. Mai comunque solo emotive: erano infatti riportati i brani del Vangelo meditati.
    In questa «liturgia della Parola» Gesù è stato proposto come il Figlio di Dio, che offre il suo messaggio e la sua proposta di vita.
    Il celebrante ha ricordato Emmaus, Gesù che cammina con l'uomo. Allora è stato acceso un cero, e dopo la lettura di Col 2,12-14 (in Cristo la nostra vita è salvata), ognuno ha gettato sul piccolo fuoco acceso il foglio della «cose che non vanno in me», scritto durante la giornata.
    Sulle testimonianze dei ragazzi è stato costruito e pregato un «credo in Gesù».
    Dopo la preghiera dei fedeli si è entrati in chiesa per la celebrazione della seconda parte della messa.
    Lo scopo era di ricordare che la Chiesa è una comunità che racconta Gesù: se ne andasse perso il ricordo, l'uomo perderebbe il fulcro della speranza.
    NB. - Nel sussidio non viene presentato lo sviluppo del tema del 5° giorno. Abbiamo qui riportato soltanto il lavoro di preparazione all'Eucaristia.


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