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    Attenzione antropologica e proposte pedagogiche


    EDITORIALE

    Un legame strategico e decisivo da riscoprire

    Rossano Sala

    (NPG 2024-03-10)

     


    Un Dossier di stampo e stile genuinamente pedagogico è una bella occasione per riflettere su temi educativi che, sappiamo, sono parte integrante dell’assetto strutturale della pastorale giovanile. Nel Dossier di questo numero di NPG il prof. Raffaele Mantegazza, pedagogista di rara finezza e da sempre amico della nostra rivista, individua tre “buchi neri” dell’educazione: la storia, la politica, la teoria. Avere la memoria corta o perderla del tutto, dimenticare la nostra natura di esseri sociali e pensare poco o male sono tre tarli della pedagogia che l’hanno depotenziata, afferma il nostro. Non possiamo che convenire su questa analisi e appoggiarlo con convinzione nelle proposte che avanza.
    L’immagine del “buco nero” è decisamente forte: qualcosa viene attirato, risucchiato e infine annichilito. E non sono cose da poco la buona memoria, la partecipazione attiva, l’intelligenza critica. Perderle significa lasciarsi vincere dal presentismo, dall’autoreferenzialità e dalla superficialità. Tre istanze che ci rimandano a temi di natura antropologica e che, a mio parere, evidenziano che le attuali emergenze educative che stiamo affrontando affondano le loro radici ultime in un terreno genuinamente umano.
    Nelle riflessioni che seguono vorrei mostrare quanto l’attenzione antropologica sia decisiva per qualificare la proposta pedagogica. La tesi che porto avanti è molto semplice: ogni emergenza educativa affonda le sue radici in una disattenzione o riduzione antropologica. Tale idea è ben rinvenibile nel percorso storico che la Chiesa ha fatto negli ultimi vent’anni. A partire da Benedetto XVI, che nel lontano 2007 lanciò l’espressione “emergenza educativa”, possiamo seguire un filo rosso che ci porta fino a noi. Proviamo a ripercorrere insieme, seppur per brevi cenni, questa strada.

    Benedetto XVI e l’emergenza educativa

    Con coraggio apostolico e intelligenza profetica, papa Benedetto XVI attraverso una memorabile lettera alla diocesi alla città di Roma “sul compito urgente dell’educazione”, ha chiarito una volta per tutte la posta in gioco della questione e le sue possibili conseguenze in ambito ecclesiale e civile. È una lettera che in un certo senso raccoglie e ordina il disagio diffuso e conferma un immaginario sociale ed ecclesiale condiviso: «Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”»[1].
    È interessante per noi andare a vedere come Benedetto XVI, pur rilevando tutta una serie di questioni pratiche legate all’educazione, vada al cuore antropologico e perfino teologico del problema evidenziando la radice ultima dell’emergenza educativa in atto. La tentazione di rinunciare all’opera educativa dipende, per il pontefice tedesco, non solo da questioni tangenziali o da difficoltà circoscritte, ma da

    un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile, allora, trasmettere da una generazione all’altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita[2].

    In ultima analisi tutto ciò rimanda a Dio, che in un’antropologia cristiana non può che essere il destino ultimo dell’uomo. Proprio l’educazione, nel senso più nobile e alto del termine, rimanda a Dio. Egli è il grande educatore del suo popolo e insieme offre speranza certa e sostegno efficace a questo compito inderogabile: «

    Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile. Oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini “senza speranza e senza Dio in questo mondo”, come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita[3].

    Un decennio dedicato all’educazione

    Prima ancora che la diocesi di Roma, è l’Italia nel suo insieme che si sente interpellata dalle parole profetiche del papa teologo. Nella Conferenza Episcopale Italiana stava allora terminando un decennio dedicato a Comunicare il vangelo in un mondo che cambia e si sta pensando agli orientamenti per il prossimo decennio in arrivo. Tra le tante possibilità prende corpo, nel dialogo e nel confronto, la necessità di concentrare la propria attenzione esattamente sull’educazione. E il punto di partenza, la bussola orientativa, la stella polare viene riconosciuta in quella lettera.
    Gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, significativamente intitolati “Educare alla vita buona del vangelo” sono il tentativo di rendere sistemica e comunitaria l’intuizione ratzingeriana intorno all’emergenza educativa, attenzione che il Santo Padre non cessava di ribadire ad ogni incontro programmatico con l’episcopato italiano. Tale debito di riconoscenza è affermato fin dall’inizio del documento programmatico: «È questo un tema a cui più volte ci ha richiamato Papa Benedetto XVI, il cui magistero costituisce il riferimento sicuro per il nostro cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostra proposta pastorale»[4].
    Gli orientamenti pastorali appaiono operativi: il testo si sviluppa in cinque capitoli: il primo legato al contesto attuale, il secondo ad alcuni spunti di teologia dell’educazione, il terzo alla pratica educativa, il quarto alla Chiesa definita “comunità educante”, e il quinto orientato alla progettazione pastorale. Nell’insieme sembra essere un grande appello alla comunità cristiana perché ritrovi audacia e passione per un compito educativo che non affascina più il mondo degli adulti, talvolta più ripiegati su loro stessi piuttosto che aperti all’accoglienza delle giovani generazioni.

    La centralità dell’antropologia

    Gli Orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana – com’era evidente e prevedibile – hanno generato dibattito e confronto, convegni e tavole rotonde, iniziative e attività, articoli e studi[5]. Soprattutto, come da consuetudine ben radicata nella tradizione post-conciliare, hanno generato il tema per il Convegno Ecclesiale Nazionale, il quinto in ordine di tempo, che si è svolto a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.
    Il Convegno di Firenze segna un cambio di passo, una nuova consapevolezza e una presa di coscienza forte. Si coglie in pieno la differenza tra sintomo e malattia, proprio a proposito dell’emergenza educativa. Al centro del decennio dedicato all’educazione spicca un affondo antropologico, perfino cristocentrico: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Come a dire: dell’emergenza educativa ci sono dei sintomi visibili (le singole “emergenze educative”) e una radice profonda: la questione antropologica. Per rimettere le cose in sesto bisogna guardare al Signore Gesù, a partire dalla sua umanità, dal suo essere «primogenito di molti fratelli»[6]. Il vero volto dell’uomo – quello di Cristo – illumina ogni uomo e gli offre identità, vocazione e destinazione. Partendo da questa prospettiva è possibile ridefinire con precisione i compiti, i dinamismi e il fine dell’educazione.
    Un tempo dedicato ad approfondire la “questione antropologica” è il miglior modo per affrontare la crisi educativa: sembra essere questa la grande convinzione degli organizzatori di questo importante Convegno, il cui valore è stato anche sottolineato dalla partecipazione di papa Francesco, che con un discorso accorato e di largo respiro sul presente e sul futuro della Chiesa italiana, non ha mancato di riaffermare, sulla scia di Benedetto XVI, la centralità del mistero di Cristo, volto del vero umanesimo:

    Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Gesù. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo[7].

    Un allargamento degli orizzonti

    Appena conclusa l’esperienza generativa del convegno di Firenze, la Chiesa universale si è cimentata in una nuova ed entusiasmante avventura: la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dal tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Era evidente che, nonostante la tematica profondamente ecclesiale e perfino teologale proposta, questo Sinodo avrebbe anche significato una rinnovata attenzione all’universo giovanile, al mondo dell’educazione e a quello degli adulti impegnati nell’ambito formativo.
    Mi soffermo solo su due punti di analisi del contesto emersi nell’Instrumentum laboris preparato appositamente in vista dell’Assemblea sinodale e frutto maturo di due anni di ascolto della realtà dei giovani.
    Il primo verte sulla cultura dello scarto. Esso sembra essere uno dei tratti della mentalità contemporanea, che ha le sue origini nell’interpretazione neoliberista del mondo attuale. Essa riduce tutto e tutti a merce e a mercato. È la cultura del “compra, usa e getta” che fa leva su un utilitarismo che disprezza la dignità della persona. Tale mentalità non risparmia nessuno, perché «anche i giovani possono essere impregnati di questa cultura e mettere in atto comportamenti che producono lo “scarto” di altre persone o il degrado dell’ambiente a seguito di scelte di consumo irresponsabili»[8].
    Il secondo spunto affonda il suo sguardo sulle sfide antropologiche e culturali. Qui si dice senza mezzi termini che siamo in presenza di alcuni mutamenti antropologici di larga scala:

    Le società e le culture del nostro tempo, anche se in forme diverse, sono segnate da alcuni snodi. Il loro continuo ripresentarsi ce li fa riconoscere come segnali del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo a livello antropologico e culturale. I giovani, sentinelle e sismografi di ogni epoca, li avvertono più di altri come fonte di nuove opportunità e di inedite minacce. Alcuni analisti parlano di una “metamorfosi” della condizione umana, che pone a tutti, e in particolare ai giovani, enormi sfide nel cammino di costruzione di un’identità solida[9].

    A livello globale vengono affrontati sei aspetti intimamente connessi che caratterizzano questa trasformazione radicale: i cambiamenti nell’ambito della comprensione del corpo, dell’affettività e della sessualità; i nuovi paradigmi conoscitivi e la ricerca della verità; gli effetti antropologici del mondo digitale; la delusione istituzionale e le nuove forme di partecipazione; la paralisi decisionale nella sovrabbondanza delle proposte; infine, i nuovi sentieri di ricerca spirituale e religiosa in un tempo post-secolare[10].
    Dalla “catastrofe educativa” alla proposta di un “patto educativo globale”
    Dal punto di vista educativo papa Francesco non è certo l’ultimo arrivato. Il suo impegno apostolico si è giocato in ambito formativo, e anche come superiore gesuita ha sempre avuto a che fare con diverse realtà educative, scolastiche in particolare. Questo lo ha reso un attore di primordine nel dibattito ecclesiale e civile in relazione all’accompagnamento delle giovani generazioni verso la maturità[11].
    Mi soffermo anche qui su due punti, che nel nostro breve itinerario ritengo strategici: la “catastrofe” della rottura del patto educativo e la proposta di inaugurare un nuovo “patto educativo globale”.
    Sul primo tema egli fa notare che «di fatto, si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, il patto educativo oggi si è rotto; e così, l’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca. I sintomi sono molti»[12]. Il pontefice argentino, già dai primi mesi dall’inizio della pandemia, non ha avuto timore di passare dal linguaggio dell’emergenza educativa a quello della sua catastrofe:

    Secondo alcuni recenti dati di agenzie internazionali, si parla di “catastrofe educativa” – è un po’ forte, ma si parla di “catastrofe educativa” – di fronte ai circa dieci milioni di bambini che potrebbero essere costretti a lasciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus, aumentando un divario educativo già allarmante (con oltre 250 milioni di bambini in età scolare esclusi da ogni attività formativa)[13].

    Ecco allora che la proposta di un “patto educativo globale” sembra essere il minimo sindacale per affrontare con serietà una situazione in sé già difficile, ma resa ancora più drammatica con l’esperienza del Covid-19. Tale patto, anche se in questo momento di conflittualità generalizzata di certo potrà sembrare un’utopia del tutto irrealizzabile, rimane una proposta profetica da affermare con forza e coltivare con speranza[14].
    Tale intuizione era stata lanciata con un Messaggio il 12 settembre 2019. Per alcuni aspetti doveva essere uno dei primi frutti maturi del lungo itinerario sinodale che aveva visto i giovani come protagonisti. Era pensato come un evento mondiale da celebrarsi il 14 maggio 2020 dal titolo “Ricostruire il patto educativo globale”:

    Un incontro per ravvivare l’impegno educativo per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione. Mai come ora, c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna[15].

    Sappiamo che questa proposta è naufragata a causa della pandemia, che nel mese di maggio del 2020 ci vedeva tutti in un isolamento forzato che ha bloccato tante iniziative e ha causato enormi sofferenze. Ora ne siamo usciti, e il progetto di un “patto educativo globale” rimane più attuale che mai.

     
    NOTE

    [1] Benedetto XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.
    [2] Ivi.
    [3] Ivi.
    [4] Conferenza Episcopale Italiana, Educare alla vita buona del vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 del 4 ottobre 2010, presentazione.
    [5] Cfr. almeno, tra i tanti testi disponibili: Comitato per il progetto culturale della CEI (ed.), La sfida educativa, Laterza, Bari 2009; Servizio Nazionale per il progetto culturale della CEI (ed.), L’emergenza educativa. Persona, intelligenza, libertà, amore, EDB, Bologna 2010; M. Cardinali (ed.), Pastori dinanzi all’emergenza educativa. Per la formazione dei formatori, Lateran University Press, Roma 2011; M. Crociata (prefazione di N. Galantino), Seminare futuro. La Chiesa di fronte alla sfida educativa, EDB, Bologna 2015; C. Palazzini, Oltre l’emergenza, educare ancora, Cittadella, Assisi 2011; Educare oggi: un’emergenza, in «Credere oggi» 4 (2009) 3-118.
    [6] Cfr. Rm 8,29.
    [7] Francesco, Discorso al Convegno Ecclesiale Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana, 10 novembre 2015. Per un approfondimento di questo discorso: F.G. Brambilla, Il Discorso di Firenze. Un’Enciclica all’Italia, in «La Rivista del Clero Italiano» 12 (2015) 806-822.
    [8] XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Instrumentum laboris, n. 41.
    [9] Ivi, n. 51.
    [10] Cfr. ivi, nn. 52-63.
    [11] Cfr. E. Diaco (ed.), L’educazione secondo papa Francesco, EDB, Bologna 2018; L. Rondanini, La pedagogia della bellezza. L’insegnamento di Papa Francesco, Tecnodid, Napoli 2022; V. Magno (ed.), Inquieti sognatori. I giovani nella Chiesa di papa Francesco, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2018; Francesco (presentazione di E. Diaco), La scuola. Interventi, discorsi, omelie, EDB, Bologna 2016; C. Giaccardi, Essere generativi. Un tema di fondo del magistero di papa Francesco, in «La Rivista del Clero Italiano» 1 (2017) 27-42; L.F. Klein, Come papa Francesco vede l’educazione, in «La Civiltà Cattolica» I (2022) 489-501.
    [12] Francesco, Udienza generale del 20 maggio 2015.
    [13] Francesco, Videomessaggio in occasione dell’incontro promosso e organizzato dalla Congregazione per l’educazione cattolica: “Global compact on education. Together to look beyond, 15 ottobre 2020.
    [14] Cfr. Francesco (a cura di A.V. Zani), Il patto educativo globale. Una passione per l’educazione, Scholé - Morcelliana, Brescia 2020.
    [15] Francesco, Messaggio per il lancio del Patto Educativo, 12 settembre 2019.


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