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    l'importante è amare

    André Louf

    Il mistero di Gesù morto e risorto è visibile solo agli occhi di chi ama.
    Già al Calvario Gesù era circondato da coloro che l'amavano. Sono tre: Giovanni, il discepolo che Gesù amava, Maria, sua madre, e Maria Maddalena. Essi hanno attraversato la serata e la notte, hanno superato lo smarrimento causato dalla cattura di Gesù nell'orto degli ulivi, hanno superato gli insistenti sospetti della serva che ha fatto cadere Pietro, le brutalità della soldatesca lungo il corteo dei condannati, per arrivare là dove ora si trovano, al Calvario, in piedi sotto la croce di Gesù. Se hanno attraversato tutto questo, ora non è più per ricevere l'amore di Gesù, ma al contrario, per donargli il loro, per circondare con tutta la tenerezza umana possibile la sua agonia e la sua morte.
    In primo luogo c'è Maria, sua madre, la donna che un tempo aveva potuto avvolgerlo nell'amore, quando era ancora piccolissimo, e la sua gioia era stata quella di farlo rifugiare e quasi di seppellirlo nella più dolce delle tenerezze materne. Colei che poi, qualche istante dopo, lo riceverà di nuovo sulle ginocchia e contro il proprio cuore, per cullarlo un'ultima volta, quello stesso corpo, carne della sua carne, ma cullarlo ora con le lacrime, e con canti di dolore, in vista del sonno della morte.
    Poi c'è Maria Maddalena, la peccatrice pentita, quella che amava così tanto Gesù che un bel giorno tutti i suoi peccati le furono perdonati all'istante. La nostra liturgia latina la confonde - così felicemente, mi viene da dire - con l'altra Maria, quella di Betania, e della quale Giovanni ricorda a qual punto era Gesù ad amarla. Ma tutte e due, un giorno, avevano ricevuto l'onore di lavare i piedi di Gesù, come sua madre gli aveva fatto un tempo, e tutte e due avevano osato asciugare i suoi piedi con la loro magnifica capigliatura, e ungerli con un profumo prezioso. All'amore di queste due donne Gesù aveva proprio voluto affidare in anticipo la cura della sua sepoltura a venire, giacché è in vista di questa, aveva precisato, che esse avevano proceduto a un'unzione così magnifica.
    Poi c'è Giovanni, questo misterioso discepolo amato particolarmente da Gesù che, a tavola, trovandosi vicinissimo a lui, si era preso la libertà di lasciarsi andare all'indietro per riposare un istante "contro il suo seno", come annota l'autore del quarto evangelo, usando le stesse parole con le quali, nel suo Prologo, descrive ugualmente il Verbo, stretto "contro il seno del Padre"; simbolo molto toccante, allo stesso tempo dell'amore che Gesù da tutta l'eternità riceve dal Padre, e dell'amore che quaggiù dona ai suoi amici.
    Nell'ultima ora, solo l'amore di questi tre l'ha seguito, circondando d'infinita delicatezza questo momento in cui Gesù sta per scivolare nel sonno, per passare da un amore a un altro amore, dai fragili segni di quaggiù alla realtà luminosa dell'aldilà, ma che è sempre lo stesso e unico amore. Prima di abbandonarsi a esso tuttavia, Gesù deve ancora accennare un ultimo gesto d'amore, il solo di cui è ancora capace, sospeso alla croce:
    Gesù, vedendo sua madre, e vicino a lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: "Donna, ecco tuo figlio". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre" (Gv 19,26-27).
    Da questo momento per Gesù può venire la fine, che è un compimento. L'amore lo ha consumato, ed egli ha consumato ogni amore. E venuto il momento in cui può fare a meno di quel-l'umana tenerezza che l'ha così ostinatamente accompagnato fino a questo limite estremo: l'infinita dolcezza di una madre, l'ardente passione della peccatrice che l'amore ha guarito, il tenero attaccamento del fratello prediletto. Non gli resta più, prima di ritirarsi e di addormentarsi nell'altro amore, quello dell'aldilà, che distaccarli dolcemente da lui, per donarli l'uno all'altro, in segno di addio e di supremo ricordo. Sua madre riceve un nuovo figlio, che è stato figlio di Gesù, e il prediletto. Il discepolo riceve una nuova madre, che è stata madre di Gesù, e l'unica.
    Ormai tutto è compiuto: in primo luogo le Scritture, ma anche il lungo cammino dell'amore fino alla fine, l'amore che Gesù ha donato, e l'amore che ha ricevuto. Egli può ormai chinare il capo e rimettere il suo spirito al Padre. In un ultimo respiro che è anche un bacio, il primissimo bacio, e ora l'eterno bacio dell'amore d'aldilà, del Verbo nell'abbraccio del Padre. Dopo la morte di Gesù, che fu per la prima volta una morte nell'amore, ogni morte somiglia alla sua. E una pasqua, cioè il passaggio da un amore all'altro, dai segni alla realtà. Come per Gesù, è lasciarsi cullare da un così grande amore, e addormentarsi nella morte, o nell'amore - che sono tutt'uno -, contro il seno del Padre.
    All'alba di Pasqua, ritroviamo di nuovo dei cuori che amano, i soli che potranno comprendere quel messaggio così inatteso: "È risuscitato dai morti". La morte non è più. La morte di Gesù è stata la sua vittoria sulla morte, una volta per tutte. Gesù è ormai il Vivente, per sempre.
    Vittoria sulla morte, perché e come? Semplicemente perché è stata una morte per amore. È "a causa del suo amore di figlio", sottolinea l'autore della Lettera agli Ebrei, che le grandi grida e lacrime offerte da Gesù durante la sua passione furono esaudite (cf. Eb 5,7-8). Alla vista del figlio crocifisso per amore, le viscere del Padre si sono ribellate. Dio non ha potuto resistere. Come aveva predetto il salmista: "Egli non poteva abbandonarlo nella morte, né lasciare che il suo amato vedesse la corruzione" (cf. Sal 16,1o). E proprio l'amore quello che ha infranto le porte della morte e che ha fatto uscire il Vivente da una tomba.
    Per il fatto che è stata il capolavoro dell'amore, la Pasqua non è immediatamente visibile che agli occhi dell'amore. E ai più prossimi a Gesù, quelli che l'avevano amato o che erano stati amati da lui, che il messaggio del risorto viene in primo luogo affidato, come se diventasse troppo fragile in altre mani. I suoi primi testimoni non sono neanche gli apostoli, quelli che più tardi diventeranno i testimoni accreditati di Gesù risorto. Ma non lo sono nei primissimi momenti. Avrebbero saputo riconoscere Gesù? O avrebbero immaginato di vedere un fantasma, come al momento della tempesta sul lago? In ogni modo, le primizie della risurrezione sono riservate a quelle donne e a quegli uomini che vedono con il cuore, e che, per questo, vedono ciò che gli altri non vedono ancora.
    Anzitutto le sante donne, e tra di esse Maria Maddalena. Esse non hanno dubitato un solo istante. Un apostolo, davanti alla tomba vuota, avrebbe esaminato i luoghi e le circostanze, preteso delle prove. Esse al contrario prestano immediatamente fede alle parole dell'angelo, e già tremanti d'emozione e piene di gioia corrono a trasmettere il messaggio agli apostoli, che le ricevono peraltro freddamente, apostrofandole con quel "chiacchiere di donna!" (cf. Lc 24,11), come annota Luca. Una sorpresa ancor più bella attende Maria Maddalena. Proprio nel momento in cui uno sconosciuto, nel giardino, pronuncia il suo nome, "Maria", essa riconosce Gesù. Da cosa? Unicamente da quell'accento inconfondibile dell'amore, e dal suo stesso desiderio immediatamente colmato. E in effetti, vi è forse complicità più dolce, tra due che si amano, del loro nome, pronunciato in un certo modo, unico e inimitabile? E quale prova più manifesta della sua risurrezione poteva attendere colei che l'amava? Il suo semplice nome, pronunciato con tutta la dolcezza dell'amore, valeva tutte le prove.
    Tra gli apostoli fa eccezione uno solo: qualcuno che ha già compreso mentre tutti gli altri dubitano ancora, che arriva a riconoscere là dove essi non vedono ancora nulla: Giovanni, il discepolo vicino a Gesù. Per riconoscere Gesù, l'amore ha sempre una lunghezza di vantaggio. Pietro era entrato prima di Giovanni nella tomba vuota, lo spettacolo l'aveva stupito, sconvolto, ma nulla più. Giovanni entrò dopo di lui: "E vide e credette", dice l'evangelo (Gv 20,8), in quel preciso istante. Lo stesso accade di fronte allo sconosciuto che sta cuocendo alcuni pesci sulla riva, dopo una notte di pesca sfortunata. Giovanni anticipa ancora una volta tutti gli altri; d'istinto ha indovinato: "È il Signore".
    L'amore è stato il primo a riconoscere Gesù risorto. È ancora l'amore che promette agli altri, e a tutti noi, che lo vedremo a nostra volta: "Andate ad annunciare ai miei fratelli che devono recarsi in Galilea - cioè ritornare a casa propria e al loro lavoro -è là che mi vedranno". All'amore di Maria Maddalena, all'amore di Giovanni, noi osiamo fare credito, poiché solo l'amore è credibile. Il loro amore e il nostro. Quest'ultimo, forse appena nascente, sempre minacciato. Ma che importa? È qui, umilmente, poca cosa. E per l'amore "poco" è già molto. Il dolce Nome di Gesù risorto, nel nostro cuore e sulle nostre labbra, e il nostro nome, da lui mormorato all'orecchio del nostro cuore, valgono tutte le prove.

    (Fonte: La vita spirituale, Qiqajon 2001, pp. 233-237)


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