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    «All'origine del cristianesimo c'è l’altro»

    Intervista a Anne-Marie Pelletier*

    a cura di Marion Rousset


    Autrice di Vivre au risque de l'autre. La Bible contre l'identitarisme (Vivere al rischio dell'altro. La Bibbia contro l'identitarismo), la teologa Anne-Marie Pelletier denuncia l'identitarismo che sta conquistando una parte del mondo cattolico e torna alle radici di un'identità cristiana aperta allo straniero.

    «Il dramma del cristianesimo contemporaneo è forse meno il suo declino che il suo “snaturaturamento” [dénaturation], che consiste nel pretendere di difenderlo ripiegandolo su se stesso», lei scrive. Cosa intende dire?
    Credo che sia davvero miope concentrarsi sul fenomeno della secolarizzazione, che ha fatto passare i cristiani nei nostri paesi da una situazione di egemonia sociale ad una di minoranza. Di fatto, stiamo vivendo un momento di grandi sconvolgimenti, di cambiamenti antropologici, che stanno stravolgendo le identità tradizionali. Stiamo chiaramente cambiando epoca, senza vedere ancora chiaramente cosa si sta ricomponendo. Allo stesso tempo, la religione viene invocata continuamente, in particolare nei discorsi politici. Il riferimento religioso ossessiona i politici nei paesi di tradizione cristiana, ma anche in altri paesi. In altre parole, c'è una confisca del riferimento religioso che diventa strumentalizzazione. È così che, da noi, in Francia, il cristianesimo viene invocato da correnti che fanno della «difesa dei valori cristiani» il loro slogan, anche se nei fatti li calpestano e contraddicono il cristianesimo. I “valori cristiani” esistono solo dove vengono vissuti, e non dove vengono utilizzati come argomento ideologico.
    Il modo migliore per «difendere i valori cristiani» è viverli concretamente. Tutto il resto è strumentalizzazione, distorsione, perversione del messaggio, come nel caso della Russia di Putin, così abiettamente criminale, che si appoggia pubblicamente e con insistenza sul patriarcato di Mosca e fa appello al cristianesimo, così come il discorso MAGA e la politica condotta da Washington. È anche il caso del governo di Netanyahu, che perpetua massacri in nome di un giudaismo ortodosso che possiamo certamente considerare deviato. Questo è un dramma ben più grande di quello della secolarizzazione. Tutte situazioni che rimandano, in linguaggio biblico, alla «menzogna spirituale». In definitiva, è l'impostura di questo sviamento del religioso che dovrebbe essere la prima preoccupazione dei credenti oggi.

    Per tornare alle origini, secondo lei l'identità cristiana invita a riconoscere l'altro e ad onorarlo come fonte del proprio essere…
    Il Nuovo Testamento elabora chiaramente il rapporto tra cristiani ed ebrei come quello di un innesto dei pagani su Israele, eppure è poi stato sistematicamente pensato in termini di sostituzione di Israele con la Chiesa. Questa «teologia della sostituzione» è stata la matrice di un antigiudaismo assolutamente mortale. In questo modo, i cristiani hanno dimenticato questa verità fondamentale e fondante: il “Nuovo” Testamento implica tutta la prima parte della Bibbia, che viene chiamata ‘Antico’ o “Primo” Testamento. I Vangeli si presentano come il «compimento» della speranza di Israele. Un compimento che va inteso come la condivisione di ciò che Cristo – il messia ebreo di Israele! – intende portare a tutta l'umanità.
    Ciò significa che all'origine del cristianesimo c'è l’altro, c'è quell'altro, che è il popolo eletto nella persona di Abramo. Questa realtà dovrebbe rendere i cristiani esperti nell'incontro con l'altro. Il che è stato ben lungi dalla realtà vissuta, specialmente nel rapporto con Israele! Questo incontro rimane tuttavia la sfida della condizione umana. Ecco perché questa questione è essenziale.

    Ma allora come spiegare che alcune società possano pretendere di servire il messaggio biblico «rimanendo sorde al suo contenuto, o addirittura distorcendolo», per riprendere le sue parole?
    Si possono leggere le Scritture bibliche senza ascoltare ciò che in esse viene detto! Anzi, si possono usare per giustificare interessi del tutto estranei al Vangelo. Infatti, non è facile entrare autenticamente nella rivelazione biblica, in particolare accettare la critica degli idoli che la Bibbia propone. Quegli idoli che l'uomo – compreso l'uomo religioso! – non smette di inventare. Così come non è facile intraprendere il cammino indicato dai Vangeli. Lo stesso racconto evangelico testimonia le resistenze delle persone vicine a Gesù. E basta osservare due millenni di cristianesimo per constatare che i cristiani hanno potuto travisare la Buona Notizia – questo significa Vangelo – che pretendevano di trasmettere. Hanno potuto trasformarla in uno spauracchio, ad esempio coltivando il senso di colpa o rendendola uno strumento di dominio sui popoli con cui entravano in contatto.

    Questo può spiegare il fatto che una maggioranza di cattolici americani abbia votato per Donald Trump, che oggi conduce negli Stati Uniti una violenta politica anti-immigrati?
    Questo irrigidimento su un'identità di ripiegamento su se stessi attraversa le nostre società contemporanee. Questo atteggiamento è presente indipendentemente dalle religioni. Ovunque un gruppo sperimenta il proprio carattere minoritario o il proprio declassamento, è tentato di costituirsi in cittadella. Quindi a chiudersi in se stesso ed escludere ciò che è diverso. Sociologicamente, negli Stati Uniti sono indubbiamente in atto tali evoluzioni, eventualmente attivate, o addirittura suscitate, da uomini e gruppi politici il cui obiettivo è quello di promuovere il caos rovesciando l'ordine democratico. La politica anti-immigrati è la punta di diamante di questa ideologia. L'intreccio tra politica e religione negli Stati Uniti fa sì che molti cattolici si trovino in una posizione non solo difensiva, ma apertamente xenofoba, senza percepire la contraddizione con la religione a cui si richiamano.
    Più in generale, l'identitarismo è professato da ideologie di estrema destra che rafforzano i riflessi di paura ed esclusione, laddove sarebbe necessario analizzare lucidamente le nuove situazioni, ma optando per un atteggiamento di benevolenza e mantenendo l'obiettivo di un'umanità fraterna. Perché, per un credente, questa umanità fraterna non è un'utopia. È l'obiettivo della storia così come le Scritture ci propongono di conoscerla. Ma per questo sarebbe necessario che la tradizione biblica fosse effettivamente conosciuta, insegnata, comunicata. E che raggiungesse veramente coloro che si dicono credenti. Le contraffazioni della religione esistono, e sono persino molto diffuse. Una delle sfide dei racconti evangelici è proprio quella di mostrare Gesù alle prese con queste contraffazioni. Oggi vediamo quanto sia facile sostituire il Vangelo con slogan ideologici, efficaci dal punto di vista mediatico, di cui i poteri illiberali fanno uso e abuso, abusando delle persone.

    Le Scritture sono univoche sullo spazio da accordare all'altro?
    La prima cosa da tenere presente è che le Scritture non trattano la vita umana in modo astratto, ideale. È nella concretezza dell'esperienza umana che trova il suo posto ciò che viene presentato come Rivelazione. Così, la Bibbia attesta tutta la complessità del rapporto con l'altro in una storia in cui l'altro è spesso innanzitutto il vicino minaccioso, questo o quel grande impero egemonico. La paura dell'altro, l'ostilità verso l'altro si esprimono quindi nella Bibbia, perché questa è la nostra esperienza umana condivisa. Ma ciò che il Libro insegna progressivamente e in modo decisivo è una realtà dell'incontro con l'altro molto più differenziata, in cui questi può apparire inizialmente come amichevole e disponibile. La storia biblica procede così attraverso incontri positivi e felici, in cui emergono figure di stranieri che suscitano l'ammirazione di Israele.
    Così, il motore della storia biblica è proprio il superamento della distanza, il riconoscimento dell'altro nei grandi snodi della vita di Israele. Sarebbe possibile dimostrare – prendendosi il tempo necessario – che l'accoglienza dell'altro, il «fare spazio all'altro», è veramente l'energia che attraversa tutta la Bibbia, dalla creazione della Genesi fino alle pagine finali dell'Apocalisse. L'altro, in tutti i modi possibili, contribuisce alla vita e al futuro di Israele. Il controesempio sarebbe la storia di Babele: uomini che decidono di vivere tra loro, che hanno una sola lingua, che resistono a qualsiasi dispersione che li metterebbe in contatto con altri diversi da loro. Sogno suicida di un mondo senza alterità. Sogno di un mondo senza futuro. Tutto il contrario del mondo che il Dio della Bibbia crea e vuole vedere confermato da noi. La storia finisce male, a meno che non si veda che la punizione di Dio è proprio ciò che reintroduce l'alterità in questo mondo chiuso e permette all'umanità di sopravvivere.

    È possibile trasporre l'invito alla carità personale, nella vita quotidiana, sul piano politico?
    La questione è ovviamente cruciale. Esistono forse due registri distinti, quello della vita personale, che dovrebbe rispondere all'esigenza evangelica, e quello della vita pubblica, politica, che dovrebbe essere realistica, si dice, e che non avrebbe nulla a che vedere con tale esigenza? Questa divisione è di per sé problematica, perché è completamente ignorata dalle Scritture, che fanno dell'esigenza morale non una questione individuale, ma decisamente collettiva. Dal punto di vista delle categorie bibliche, Dio non è alla ricerca di individui santi, ma di una collettività, di un popolo santo. Detto questo, bisogna essere chiari. Non si tratta di dispensarsi dal vivere in modo responsabile e intelligente le situazioni del nostro mondo. Oggi come ieri, ci sono realtà da arbitrare, discernimenti da operare per affrontare tutta la complessità delle configurazioni geopolitiche. Ma ciò che è decisivo per un cristiano è farlo partendo da un'apertura positiva verso l'altro e dall’attenzione a rispondere ai suoi bisogni. Semplicemente perché l'identità cristiana risiede in questa disposizione vissuta e insegnata da Gesù.
    L'identitarismo è una perversione che deve essere denunciata, ma la preoccupazione per l'identità non solo è legittima, ma necessaria. È proprio la mancanza di chiarezza sull'identità che ci fa cadere nell'identitarismo. Si tratta quindi di essere radicati in un'identità autenticamente evangelica per poter arbitrare situazioni difficili. Tutto il contrario delle posizioni ideologiche e politiche che partono dalla diffidenza, dalla necessità di difendersi, dalla legittimità di moltiplicare i muri per cementare una cerchia protettiva. In una parola, per escludere l'altro, identificato fin dall'inizio come un criminale.
    «Vivere al rischio dell'altro» non è uno slogan romantico. È la posizione dettata dal consenso verso l'altro, dal riconoscimento che è nell'incontro tra gli esseri umani che si forgia il futuro della nostra umanità. Una visione delle cose che, ribadiamo, non è spontaneamente naturale. Che è in ogni caso estranea ai populismi che stanno fiorendo. Ma una visione delle cose che ha il potere di ispirare un'autentica saggezza politica in un mondo pericoloso. Dopo tutto, è proprio questo che ha ispirato i fondatori dell'Unione Europea nel 1950, all'indomani di un terribile conflitto mondiale. Fondatori che erano largamente ispirati da una tradizione biblica di fiducia e accoglienza dell'altro.

    * Anne-Marie Pelletier è professoressa di lettere moderne e dottoressa in scienze delle religioni.Vivre au risque de l'autre. La Bible contre l'identitarisme (Vivere al rischio dell'altro. La Bibbia contro l'identitarismo), Desclée de Brouwer, 240 pagine, 19,90 €.


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